(Adnkronos) – Israele deciderà se e come rispondere all’attacco dell’Iran. Gli Stati Uniti, però, non vogliono un’escalation nella regione. E’ il messaggio che Washington ha inviato al governo del premier Benjamin Netanyahu. A recapitarlo è stato, nelle ultime ore, il segretario di Stato Antony Blinken. Il numero 1 della diplomazia americana ha parlato con Benny Gantz, ministro del Gabinetto di guerra israeliano, e ha “messo in chiaro che non vogliamo vedere un’escalation nella regione”. Blinken, come ha chiarito in ogni caso il Dipartimento di Stato, ha comunque sottolineato che quella dell’eventuale risposta all’Iran è una decisione deve prendere come stato sovrano. Israele, in tal senso, non ha passato nessuna informazione a riguardo agli Usa.
Israele, d’altra parte, ha come obiettivo quello di costringere l’Iran ad una snervante attesa. L’orientamento è confermato dal gabinetto di guerra, che è tornato a riunirsi. “Lasciamo che si preoccupino”, hanno detto le fonti interpellate dal Times of Israel, riferendosi agli iraniani, aggiungendo che la risposta di Israele potrà essere “all’interno o all’esterno dell’Iran”. Israele potrebbe quindi colpire il territorio di Teheran o prendere di mira un partner della repubblica islamica. L’Iran non può pensare di uscire “indenne” dalla situazione, dice Daniel Hagari, portavoce delle forze di difesa israeliane, alla base militare di Julis, dove ai media mostrato ciò che resta di un missile balistico iraniano.
Sulla scena internazionale, molti paesi – Italia compresa – sono all’opera per evitare un’escalation drammatica nella regione. “Ho avuto un lungo colloquio con il ministro degli Esteri israeliano al quale ho espresso la solidarietà dell’Italia ed ho invitato Israele, visto che ha avuto una vittoria militare perché il 99% dei proiettili partiti da zone controllate dall’Iran non ha avuto effetto, alla prudenza e cercare di evitare un’escalation non solo con un’azione contro l’Iran ma anche per quanto riguarda l’attacco a Rafah”, dice il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervistato da Bruno Vespa a “Cinque Minuti” su Raiuno.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto e il ministro della Difesa di Israele Yoav Gallant hanno avuto, una lunga conversazione telefonica in cui il ministro italiano ha sottolineato che “l’Italia è amica di Israele; lo è stata quando ha subito il barbaro attentato terroristico da parte di Hamas e lo è in questo momento di crescente instabilità nell’area mediorientale, culminato sabato notte con l’attacco gravissimo condotto dall’Iran, con il lancio di centinaia di droni e missili sul territorio israeliano. Un attacco senza precedenti i cui danni, per fortuna, sono stati limitati, grazie all’efficacia della difesa aerea e anti missile israeliana, e al supporto ricevuto da alcuni paesi, che hanno contribuito alla sua difesa”.
“Nel manifestare al ministro Gallant la mia amicizia ho ribadito anche le mie preoccupazioni per la possibile evoluzione nella regione medio orientale, già duramente provata”, aggiunge Crosetto. “Il superamento di una precisa linea rossa, con l’attacco diretto a Israele, sul suo territorio, inquieta cionondimeno proprio ora occorre maturità e agire secondo le regole del diritto internazionale per evitare di alimentare la spirale di violenza che ci vedrebbe tutti sconfitti.
L’Italia continuerà a fornire aiuti umanitari alla popolazione palestinese e favorire in ogni modo le condizioni per tornare a un tavolo dei colloqui”, conclude Crosetto. In un quadro ad altissima tensione, spiccano le parole del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che punta il dito contro Netanyahu. ”Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e la leadership di Israele sono gli unici responsabili della recente escalation delle tensioni in Medio Oriente e dell’attacco lanciato dall’Iran”, dice Erdoga.
”Israele cerca di diffondere il conflitto nella regione attraverso provocazioni”, prosegue Erdogan contestando ai Paesi occidentali la mancata condanna degli atti provocatori israeliani che minacciano la stabilità regionale. Citato dal Daily Sabah, Erdogan dice anche che la Turchia non ha permesso la vendita di materiale che potesse essere utilizzato per scopi militari da Israele già molto prima dei massacri di Gaza.
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