La Corte di Cassazione colpisce ancora. La sentenza sull’assegno divorzile scaturita dal caso Lisa Lowenstein contro l’ex ministro Vittorio Grilli ha toccato un nervo scoperto: sposare un buon partito ora non è più un affare. Con la sentenza n. 11504/17 la Corte ha stabilito che gli indicatori per calcolare gli importi da corrispondere alla ex moglie sono l’autosufficienza e l’indipendenza economica del soggetto e non il tenore di vita.
Si tratta di una spinta per lo più giurisprudenziale, insomma, cambiano gli usi. A lanciare il dado è stata la signora Lowenstein che si è rivolta alla Corte d’Appello di Milano per contestare l’assegno pattuito. E’ nata negli USA, si è laureata alla London Business School e sembrerebbe aver rinunciato alla carriera per dedicarsi alla famiglia. La Lowenstein avrebbe percepito un assegno di 500mila euro e poi più nulla, così, insoddisfatta si sarebbe rivolta ai giudici ma, a quanto pare, non le è andata meglio.
I giudici, dopo aver valutato i redditi dell’ex coniuge a matrimonio finito hanno ideato il cambiamento di rotta. Si esce dalla concezione prettamente patrimonialistica del matrimonio. Questo, è il luogo delle emozioni e, una volta esaurite, si esaurisce anche il rapporto patrimoniale se il coniuge è autosufficiente.
In prima battuta si potrebbe pensare a un bel passo avanti in materia di parità di sessi, tuttavia, l’Italia è l’Italia. Il nostro Paese non è ancora totalmente a misura di donna e questa sentenza sembra voler infierire ancora di più sulla già svantaggiata condizione del genere femminile. Spesso la donna a casa rappresenta una vera e propria risorsa, impiega il suo tempo dedicandolo alla famiglia e non riconoscerle in termini patrimoniali tale impegno sembra quasi ingiusto. Si tratta di tempo ed energie che la donna impiega alla stessa stregua di un lavoro. Altra nota dolente riguarda, poi, i criteri con cui dovrà essere stabilita l’indipendenza economica. La stragrande maggioranza dei divorzi, infatti, avviene dopo i 50 anni e, a questa età, risulta abbastanza difficile che una donna o un uomo riescano a mettersi in gioco per poterla raggiungere.
La sentenza, dunque, da un lato rappresenta un monito per migliorare la condizione del matrimonio, affinché questo sia spinto dall’amore e non dall’interesse patrimoniale, dall’altro, però, impone la necessità di colmare le lacune in termini di ammortizzatori sociali che impediscono a mogli e madri di diventare donne realizzate, insomma, è necessario avviarsi verso la definitiva emancipazione femminile.
L’Italia, era l’ultimo fra i Paesi evoluti ad avere l’assegno divorzile ancora tarato sul reddito di vita precedente, ma è anche uno degli ultimi Paesi evoluti dove la donna che diventa mamma, misure spot a parte, si trova a dover fronteggiare tutto il peso della famiglia è giusto, dunque, affermare che esistono ex mogli ed ex mogli e che la sentenza arriva in un contesto socio –culturale e politico non preparato ancora.