Salgono al numero record di 4886 le “bandiere del gusto” a tavola assegnate all’Italia nel 2015 sulla base delle specialità alimentari tradizionali presenti sul territorio nazionale. E’ quanto segnala la Coldiretti che nel padiglione “No farmers no party” all’Expo di Milano ha presentato la classifica dei primati enogastronomici con l’assegnazione delle “Bandiere del gusto 2015” e la piu’ ricca esposizione della variegata offerta delle località turistiche italiane durante quest’estate, ma anche l’analisi Coldiretti/Ixe’ sulle “Le vacanze italiane nel piatto“.
Sono 73 i prodotti che – sottolinea la Coldiretti – si sono aggiunti rispetto allo scorso anno e che sono andati ad incrementare sul territorio nazionale il patrimonio di specialità che sono ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni secondo la quindicesima revisione del censimento dei prodotti agroalimentari tradizionali delle regioni.
“E’ questo il risultato del lavoro di intere generazioni di agricoltori impegnati a difendere nel tempo la biodiversità sul territorio e le tradizioni alimentari”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “si tratta di un bene comune per l’intera collettività e di patrimonio anche culturale sul quale l’Italia puo’ contare per ripartire”.
Sul podio delle bandiere del gusto assegnate a livello regionale salgono – precisa la Coldiretti – la Toscana (461), insidiata da vicino dalla Campania che con 28 nuovi prodotti è adesso a quattro lunghezze dal vertice (457) e dal Lazio (393). A seguire si posizionano, l’Emilia-Romagna che con 378 prodotti ha scavalcato il Veneto (375), davanti al Piemonte con 336 specialità e alla Liguria che può contare su 294 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Calabria con 269 prodotti tipici censiti, la Puglia che con 249 prodotti ha superato la Lombardia (247) e la Sicilia (242), la Sardegna con 183, il Molise con 159, il Friuli-Venezia Giulia con 154, le Marche con 151, l’Abruzzo con 147, la provincia autonoma di Trento con 105, la Basilicata che con 95 prodotti ha superato l’Alto Adige (90), l’Umbria con 70 e la Val d’Aosta con 32.
A prevalere tra le specialità regionali sono – riferisce la Coldiretti – i 1490 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1366 verdure fresche e lavorate, 782 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 488 formaggi, 221 piatti composti o prodotti della gastronomia, 143 bevande tra analcoliche, liquori e distillati, 155 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro, ecc.) e 153 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei.
Nell’elenco 2015 troviamo – segnala la Coldiretti – numerose new entry tra cui, in Basilicata la soperzata di Rivello, un salume che si distingue per qualità e metodi di produzione dai tanti insaccati analoghi diffusi in tutto il Meridione d’Italia e che viene prodotto da oltre tre secoli, in Campania la cuccija, una zuppa di grano, ceci, mais, lenticchie ed altro che era tradizione consumarla il 1 maggio perché secondo la leggenda popolare chi la consumava in quel giorno non sarebbe stato aggredito dalle mosche nei campi, in Emilia-Romagna l’imbalsadura, minestrina di piselli, pancetta e pomodoro, in Puglia il carciofo di Mola, la cui coltivazione ha ripreso vigore dopo il declino che sembrava inarrestabile provocato da una malattia che causava l’avvizzimento dei capolini, in Sicilia il cannolo tradizionale di Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela che si distingue dagli altri per essere fatto con scorza ottenuta da farina di grani antichi (maiorca), fresca ricotta di pecora, scaglie di cioccolato fondente 70% (grattugiato al momento) e miele di zagara al posto dello zucchero raffinato e, infine, in Veneto il formaggio al latte crudo di Posina, tipico prodotto lattiero caseario degli alpeggi del Vicentino dove le mucche mangiano solo erbe e fieno d’alto prato.
Ma a Expo – prosegue la Coldiretti – hanno fatto bella mostra di sé numerosi prodotti tradizionali che rappresentano una ricchezza per le regioni che ne hanno consentito la valorizzazione. Si va dal salame d’la doja del Piemonte che prende il nome dal contenitore di terracotta nel quale viene lasciato a maturale, al tetoun della Val d’Aosta, ottenuto dalla salmistrazione delle mammelle di bovine autoctone, dal biscotin de Prost della Valchiavenna (Lombardia) da secoli confezionato a mano come fosse un’opera d’arte al presnitz del Friuli-Venezia Giulia, nel quale un ricco e morbido ripieno a base di frutta secca è avvolto in uno strato di pasta sfoglia di forma circolare a chiocciola, dallo schuttelbrot, pane croccante e ricco di spezie dell’Alto Adige, alla stroscia della Liguria, una torta particolare e friabilissima dove l’olio d’oliva, al posto del burro, assicura una maggiore leggerezza e digeribilità, dal prezioso fagiolo zolfino toscano la cui particolarità è la quasi totale assenza di buccia che ne consente l’immediata cottura al vino di visciole delle Marche, bevanda alcolica che si produce facendo macerare una particolare varietà di ciliegie selvatiche nel vino con l’aggiunta di zucchero, dalla fagiolina del lago Trasimeno, conosciuta sin dal tempo degli Etruschi e salvata in tempi recenti dall’abbandono, alla lenticchia di Onano, prodotto laziale particolarmente apprezzato da numerosi Papi per la sua cremosità, dalla ventricina di Montenero di Bisaccia, salume molisano ben accetto per la magrezza delle carni superiore alla norma e per il grasso dalla consistenza particolare alla marmellata di bergamotto, l'”oro di Calabria”, ricetta tradizionale della zona ionica costiera del Reggino, sino al filu ferro della Sardegna il cui nome – conclude la Coldiretti – ricorda la curiosa pratica adottata nella seconda metà dell’Ottocento dai distillatori isolani per evitare la confisca della grappa che veniva interrata in bottiglie localizzabili da un filo di ferro che spuntava dal terreno in superficie.