Morire mentre si fa la fila per prendere il pane, uscire di casa dopo un bombardamento e trovare macerie dove prima vi erano i palazzi governativi, il teatro, la biblioteca nazionale. Sono aneddoti di cui stiamo ascoltando ogni giorno grazie agli organi di informazione perennemente sintonizzati con la guerra in Ucraina. Eppure quelli appena citati non sono aneddoti tratti da questa guerra bensì dalla guerra in Bosnia. La città che potete immaginare non è Mariupol o Charkiv bensì Sarajevo che trent’anni fa subì l’assedio più lungo della storia del Novecento. Una riprova, ove mai ce ne fosse bisogno, che l’assedio delle città è ancora una strategia largamente utilizzata in guerra e che l’orrore è la cifra che accomuna tutte le guerre.
L’assedio di Sarajevo
Erano trascorse poche settimane dalla dichiarazione di indipendenza della Bosnia quando l’esercito nazionale jugoslavo iniziò a circondare Sarajevo. Nei giorni 29 febbraio e 1° marzo 1992 un referendum, al quale aveva partecipato circa il 60% della popolazione, aveva reso nota la volontà del popolo bosniaco di rendersi indipendente dalla Jugoslavia. Mentre Stati Uniti e Comunità Economica Europea riconobbero tale indipendenza, Belgrado prese una strada diversa. Le truppe dell’esercito nazionale iniziarono a circondare la città e poco a poco la isolarono. Il 5 aprile 1992 aveva ufficialmente inizio l’assedio della città che sarebbe durato fino al 29 febbraio del 1996. Quattro anni nei quali ci furono circa 12.000 morti e 50.000 feriti.
Leningrado, Sebastopoli, Sarajevo, Mariupol
L’assedio delle città, dicevamo, è una tattica ancora largamente utilizzata in guerra. Conquistare una città ha tanti significati. Le città sono i posti nei quali si sviluppano le attività di un Paese e ogni città diventa di importanza strategica a seconda dell’attività che rappresenta. Assoggettarle significa indebolire il nemico dal punto di vista economico, significa concretizzare la propria avanzata, quantificare i propri successi in battaglia. La storia ricorda Sebastopoli, Leningrado, Sarajevo, come dicevamo, e ora Mariupol, come i teatri degli assedi più duri. L’assedio di Leningrado, ad opera delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale, durò due anni e cinque mesi, dal dall’8 settembre 1941 al 27 gennaio 1944. La città di Sebastopoli ha conosciuto due assedi: il primo durante la guerra di Crimea e il secondo durante la seconda guerra mondiale. Il primo durò dal settembre del 1854 al settembre del 1855 mentre il secondo dal 30 ottobre 1941 al 4 luglio 1942.
L’orrore della guerra
Assediare una città vuol dire privarla di acqua, corrente elettrica, viveri. Vuol dire esasperare la popolazione perché si pieghi. Lo stiamo scoprendo ogni giorno con le cronache dall’Ucraina quasi come se fosse un dettaglio nuovo mai sperimentato prima. Se invece leggiamo bene la storia ci rendiamo conto che oggi in quella terra martoriata si stanno consumando gli stessi orrori che si consumano durante le guerre da quando l’uomo ha deciso di impugnare la armi contro un altro uomo. Restare senza acqua e viveri è il duro prezzo della guerra ma è evidente che non riusciamo a capirlo davvero.