Prosegue la partecipazione della GAMeC ad Artists’ Film International, il prestigioso network dedicato alla videoarte, nato nel 2008 da un’iniziativa della Whitechapel Gallery di Londra, che coinvolge alcune tra le più importanti istituzioni d’arte contemporanea internazionali – ad oggi oltre venti – e artisti provenienti da tutto il mondo.
Anche per questa tredicesima edizione continua il format inaugurato lo scorso anno, quando musei e istituzioni, chiusi a causa della pandemia, hanno promosso online le opere video selezionate dal network, attraverso i propri siti web e i propri canali social. L’edizione 2021 della rassegna sarà però ibrida, e prevedrà, ove possibile, anche la possibilità di fruizione in presenza nelle diverse realtà espositive nel mondo.
Come di consueto, ciascuna istituzione è stata invitata a segnalare un artista del proprio Paese e a presentare il suo lavoro attraverso un’opera video in relazione alla tematica proposta, che per questa edizione è la “Cura”.
Le curatrici Sara Fumagalli e Valentina Gervasoni hanno selezionato per la GAMeC l’artista e filmmaker Giulio Squillacciotti (Roma, 1982) con What Has Left Since We Left (2020), che sarà visibile sul sito del museo dall’8 al 14 aprile, e nello Spazio Zero per tutta la durata della rassegna, appena le condizioni sanitarie consentiranno la riapertura dei musei.
Dal 15 aprile, e con cadenza settimanale, il sito della GAMeC ospiterà inoltre una selezione dei film proposti dalle altre istituzioni partecipanti: Whitechapel Gallery, Londra; Crawford Art Gallery, Cork; Museum of Modern Art, Varsavia; Istanbul Modern, Istanbul; Contemporary Art Centre – CAC, Vilnius; Bonniers Konsthall, Stoccolma; Ballroom Marfa, Marfa, Texas; Hammer Museum, Los Angeles; Fundación Proa, Buenos Aires.
Il lavoro di Giulio Squillacciotti muove i passi da eventi reali, indagini di carattere storico antropologico, luoghi attraversati o abbandonati che raccontano storie intime o collettive, per restituire narrazioni possibili a partire da prospettive soggettive, reperti, credenze religiose e cultura popolare. Usando il film, il documentario, l’audio e la scenografia, l’artista elabora una riflessione intorno alle tradizioni, inventate o mutate nel tempo, mescolando finzione e fatti storici.
All’artista sarà interamente dedicato Spazio Zero, la project room della GAMeC che ospiterà, alla sua prima proiezione in un’istituzione museale italiana, What Has Left Since We Left, un film prodotto da Careof e Kingswood Films, con il supporto di Italian Council e Limburg Film Fonds.
Con l’aiuto di un’interprete britannica, gli ultimi tre Paesi appartenenti all’Unione Europea, riuniti nella Sala del Trattato di Maastricht, tentano di superare il senso di perdita causato da un’Europa ormai disgregata. La conversazione permette ai loro legami politici e personali di intrecciarsi metaforicamente, costringendoli ad affrontare la loro crisi d’identità e riconoscere ciò che resta, ciò che non è più e ciò che potrebbe ancora essere la loro Unione.
Congiuntamente a What Has Left Since We Left verrà presentata anche una selezione di precedenti short film del regista: Scala C – Interno 8 (2017), La dernière image (2015) e Zimmerreise (2010), che costituiscono una trilogia intorno al tema dei luoghi, ora immaginati, ora abitati, ora abbandonati, ma pur sempre protagonisti e depositari di un vissuto. Mentre la macchina da presa si muove esplorando l’interno di un’abitazione, il piano completamente spoglio di un grattacielo e le sale di un museo d’arte moderna, le voci e le storie fuoricampo accompagnano il percorso visivo e ci parlano di relazioni e assenze.
Dopotutto cos’è l’Europa, se non l’interno 8 della scala C, dai confini arbitrari e allargati; un serbatoio di ideali, uno spazio di confronto su temi comuni, attenzioni e cure di diverse proporzioni ed esiti?
In questi quattro luoghi si confrontano altrettante tipologie di soggetti in rapporto all’ambiente in cui sono inseriti.
In Scala C – Interno 8, attraverso lo scorrere dei messaggi in una segreteria telefonica, si racconta la storia di Fulvio Pesarini e Livia Bellagamba, un amore non consumato tra la polvere e la penombra di un appartamento di Roma, vuoto e “abbandonato”, in cui tutto risulta immobile ma curato, protetto e in ordine, e in cui risuona la voce di Fulvio.
In La dernière image, un unico piano sequenza restituisce le stanze di un museo deserto, all’apparenza in stato d’abbandono, in cui una voce femminile narra vicende legate a un altro abbandono, quello di una persona con la quale ha condiviso tempo e spazi.
Infine, in Zimmerreise, una donna vaga per il diciannovesimo piano di un edificio in un’anonima città industrializzata. Attraverso una serie di indicazioni ricevute tramite corrispondenza epistolare, le è stato indicato come dipingere un paesaggio immaginario, in cui incontrare l’autore di quelle lettere.