Quando si nomina Artemisia Gentileschi, viene subito alla mente la brutta storia legata ad Agostino Tassi, la “gogna popolare” e, ancora, la difficoltà per una donna a entrare nel mondo dell’arte a quei tempi terreno di dominio maschile assoluto. Dimenticata, invece, la sua vicenda personale, e guardando all’Artemisia Gentileschi artista si riscopre una pittrice di grande talento, capace di dare alle sue opere una personale visione del realismo.
Chi era Artemisia Gentileschi, l’artista dimenticata
Nata e cresciuta in quel fermento artistico e culturale che era la Roma del Seicento, Artemisia (1593-1654) respira l’odore della pittura fin da piccola nell’atelier del padre Orazio. Fu lui a insegnarle i primi rudimenti dell’arte e a spingerla a perfezionare la sua tecnica. I suoi principali punti di riferimento furono Caravaggio e Agostino Tassi, entrambi amici del padre e frequentatori del suo studio. Da Caravaggio, all’epoca artista molto richiesto in ambito ecclesiastico, Artemisia apprese quel realismo tipico espresso con la fisicità prorompente dei soggetti e attraverso un uso sapiente del colore, dei chiari e degli scuri. Agostino Tassi, detto lo “smargiasso”, fu, invece, il suo maestro di prospettiva. Le lezioni si tennero presso lo studio di Orazio, quello stesso studio in cui si consumò anche la violenza carnale ai danni della giovane. A 17 anni la pittura di Artemisia Gentileschi rappresentava un perfetto esempio di scuola Caravaggesca.
L’incontro con Galilei, van Dick e Ribera
Nel 1612, a 19 anni, Artemisia si trasferì a Firenze. Lo smargiasso, il processo e le torture erano alle spalle (o almeno questa era la sua aspirazione) e al fianco del marito Pierantonio Steattesi, la pittrice fu pronta per una nuova vita ricca di incontri straordinari e di successi artistici. Nella città medicea, dove viene introdotta alla corte dell’illuminato Cosimo II, diviene amica di Galileo Galilei e Michelangelo Buonarroti il giovane. A Genova conosce van Dick e Rubens e Massimo Stanzione a Napoli. Riceve numerose commesse e nel 1616 le viene tributato un grandissimo onore: l’ammissione all’Accademia di Disegno di Firenze. Fu la prima donna a mettere piede in quella istituzione fino ad allora accessibile solo agli uomini. La sua fama arrivò fino in Inghilterra allora governata da Carlo I appassionato d’arte.
Ritratti di donna
Sin dal suo primo quadro a noi noto Susanna e i vecchioni, Artemisia dimostra un particolare interesse per la figura femminile rappresentata con forza e determinazione. Il suo quadro più rappresentativo Giuditta che decapita Oloferne, che la mette in naturale confronto con il maestro Caravaggio, mostra una donna decisa, protagonista. Allo stesso modo in Giuditta e la sua ancella, Ester e Assueno e i numerosi autoritratti. Chi vuole vedere in questa fierezza una sorta di riscatto da quella triste vicenda (Giuditta che decapita Oloferne fu dipinto subito dopo il processo) forse ha ragione. O forse no. Artemisia Gentileschi è stata la prima donna ad affermarsi nel mondo dell’arte studiando e affinando la propria tecnica di continuo, viaggiando e confrontandosi con i personaggi più illustri della sua epoca. Se questa non è professionalità…