L’idea della moltiplicazione dell’oggetto artistico, nata all’inizio del XX secolo con l’obiettivo di promuovere una diffusione democratica dell’arte, è stata trasmessa dalle avanguardie storiche fino a giungere agli artisti di oggi. Dai primi tentativi dei costruttivisti e produttivisti russi di intervenire su oggetti di uso popolare come ceramiche, ma anche mobili, stoffe, tappeti, vestiti al servizio della comunità, e dall’ambizione, più individualista, di Marcel Duchamp, vero paladino della riproducibilità, l’arte moltiplicata si è consolidata negli anni Settanta, passando attraverso movimenti come Dadaismo e Surrealismo, de Stijl e Bauhaus, Fluxus e Pop art.
Quest’ultima, insieme al boom economico degli anni Sessanta ha creato terreno fertile per lo sviluppo di un nuovo livello dei prodotti di massa portando, verso la metà degli anni Settanta-Ottanta, a una trasformazione del significato e del valore stesso dell’oggetto moltiplicato: non più sogno di una diffusione intellettuale e conoscitiva allargata, ma bene di consumo vero e proprio. È in questo caso un consumo delle immagini, più che delle idee, secondo una dimensione mercantile in cui il multiplo si fa pregevole come l’originale e diventa raro.
La grande mostra della Fondazione Prada a cura di Germano Celant The Small Utopia. Ars Multiplicata nel 2012 ha ben documentato lo sviluppo di questo genere artistico dai suoi albori fino al 1975, esponendo oltre seicento lavori, multipli ed edizioni.
È proprio dal concetto fondante di “piccola utopia”, ovvero da quel sogno di trasformazione dell’idea dell’unicità nell’arte e della sua percezione, che questa mostra intende ripartire, concentrandosi sugli anni in cui era attivo lo Studio Marconi, tra il 1965 e il 1992.
Da sempre Giorgio Marconi ha mostrato interesse per la grafica e l’arte moltiplicata, considerandola una componente fondamentale dell’espressione artistica.
In molte occasioni è stato egli stesso a chiedere agli artisti che collaboravano con la sua galleria di realizzare grafiche e multipli con i quali poter sperimentare diverse tecniche e scoprire soluzioni a vari problemi di forma, colore, stile. Inoltre la stampa, in modo particolare, permetteva una maggiore diffusione delle idee, in anni in cui il bisogno di comunicare era molto forte.
In quest’ottica Studio Marconi è spesso stato editore di opere grafiche realizzate in occasione di importanti mostre da Joan Miró (Miró a Milano, 1981), Alexander Calder (1972 e 1975), Antoni Tápies (1985), Giulio Paolini (1984) e Mario Schifano (Tuttestelle, 1967) e multipli eseguiti da Enrico Baj, Alik Cavaliere, Mario Ceroli, Lucio Del Pezzo, Louise Nevelson, Man Ray, Arnaldo Pomodoro, solo per citarne alcuni.
Per Marconi la grafica rappresentava una delle espressioni più vive e stimolanti della cultura e un modo per poter dialogare con un collezionismo più ampio.
Accostarsi ad essa significava avvicinarsi al linguaggio visivo del tempo.
Obiettivo della mostra è condividere la “riscoperta” di un genere artistico che ha saputo rispondere alle esigenze di un’epoca moderna e industrializzata con progetti capaci di soddisfare nuovi canoni estetici e sociali.
Il percorso espositivo include opere grafiche, eseguite nelle tecniche di stampa più varie (serigrafia, litografia, incisione, acquaforte, tecnica mista) di piccolo, medio e grande formato, ma anche multipli, oggetti, libri d’artista e altro ancora.
Saranno inoltre disponibili poster e manifesti di esposizioni storiche di Studio Marconi (di Calder 1971, Tilson 1982, Sam Francis 1983, Picabia 1989 e molte altre), e alcuni oggetti curiosi e divertenti, come le carte da gioco di Sonia Delaunay, il libretto con le riproduzioni di alcune immagini della celebre serie Mode au Congo di Man Ray, nonché libri e cataloghi di mostre del passato o più recenti.