Reintegro per i licenziamenti disciplinari e discriminatori, rigorosi controlli a distanza e indennizzi più alti per i lavoratori che rinunciano ad eventuali contenziosi nei confronti del datore di lavoro. La normativa entrerà in vigore solo per i neoassunti e per chi cambia azienda. Non passa invece la proposta di modifica di Sel sulle dimissioni in bianco. E intanto Cgil e Uil annunciano un imminente sciopero generale.
Dunque l’emendamento al Jobs Act presentato dal Governo ha ricevuto l’ok dalla Commissione lavoro alla Camera non senza l’opposizione di M5s, Fi,Lega, Sel e Fdi.
Con esso scompare il diritto al reintegro per i licenziamenti di natura economica mentre resta per quelli discriminatori e per alcune fattispecie di quelli disciplinari. Nel primo caso, infatti, il lavoratore avrà diritto solo a un indennizzo “certo e crescente” con la anzianità aziendale. Inoltre con successivi interventi normativi si dovranno chiarire le motivazioni da addurre al licenziamento economico: se questo potrà essere giustificato solo da contrazioni economiche o da crisi aziendale ad esempio.
Per quanto riguarda i licenziamenti discriminatori, dovuti cioè al credo politico, religioso o all’orientamento sessuale, restano nulli e i lavoratori avranno sempre diritto al reintegro. Più complessa, invece, la situazione dei licenziamenti disciplinari: andranno tipizzati, infatti, mediante successivi decreti attuativi, quali comportamenti del lavoratore saranno passibili di sanzioni per evitare abusi ed eventuali contenziosi. A tale proposito il Job Act mira a ridurre le controversie in materia di lavoro, garantendo indennizzi più elevati a chi rinuncia ad adire le vie legali contro l’ex datore di lavoro.
Previsto anche il riordino del controllo a distanza su impianti e strumenti di lavoro. Controllare le linee produttive, aprendo le porte al telelavoro, senza però violare la privacy: questo l’obiettivo del Governo. Sul punto, però, c’è ancora molto da lavorare.