(Adnkronos) – Tutti i Paesi che aderiscono alla Corte Penale Internazionale, quindi anche la Francia, sono tenuti ad eseguire i mandati di arresto emessi dall’Aja, inclusi quelli nei confronti di capi di Stato o di governo esteri, come il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Nel caso in cui questi Paesi ritengano che ci sono circostanze che “impediscono loro di cooperare con la Corte”, allora devono rivolgersi ai giudici, cui spetta la decisione. Lo spiega, a Bruxelles incontrando la stampa, il portavoce della Cpi Fadi el Abdallah. Il problema sorge perché né la Russia né Israele aderiscono alla Cpi (l’Ucraina aderirà a partire dal primo gennaio 2025).
La Cpi, che ha sede all’Aja e conta 124 Paesi aderenti, non va confusa con la Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giudiziario dell’Onu, che ha anch’essa sede nella capitale olandese. Per la Icc, dice il portavoce, “l’articolo 27 dello statuto di Roma è chiaro: non c’è immunità dalle accuse per nessuno. E’ un principio stabilito dal diritto internazionale.
Arresto Netanyahu
Se gli Stati ritengono che ci sia un conflitto tra il loro obbligo e, per esempio, quello di rispettare l’immunità diplomatica o altre circostanze che impediscano loro di cooperare con la Corte, per quanto riguarda i mandati di arresto, c’è l’articolo 9 che crea l’obbligo di cooperare con la Corte, ma permette loro anche di portare la cosa all’attenzione dei giudici, in modo che decidano se devono rispettare il loro obbligo o no. Sta ai giudici decidere”.
La decisione sull’eventuale sanzione per mancata cooperazione nei confronti di uno Stato viene poi demandata dall’assemblea degli Stati che aderiscono alla Corte. Per quanto riguarda l’immunità dei capi di Stato e di governo la Icc, ricorda il portavoce, “aveva emanato ordini di arresto per Omar al Bashir, ex presidente del Sudan. La questione dell’immunità è già stata decisa.
Ci sono stati casi in cui alcuni Stati hanno portato davanti ai giudici informazioni sulle circostanze che hanno impedito loro di rispettare l’obbligo di cooperazione con la Corte, per esempio in relazione ad una visita di Omar al Bashir o di Vladimir Putin. Le decisioni dei giudici finora – sottolinea – hanno sempre stabilito che non c’è immunità che può essere opposta agli obblighi verso la Icc”.
Corte penale internazionale”
La Icc , ribadisce il portavoce della Icc, “può emanare un ordine di arresto e lo Stato membro lo deve eseguire. Se lo Stato ritiene che ci siano motivi per i quali non può eseguirlo a causa di circostanze specifiche, sono i giudici che devono decidere”.
“Se guardiamo alla storia della giustizia penale internazionale – aggiunge – gli ordini di arresto sono rimasti pendenti anche per 10, a volte 15 anni e alla fine vengono eseguiti. I mandati di arresto sono validi a vita: non possono essere ritirati, se non con una decisione da parte dei giudici, perché c’è una argomentazione valida per cui dovrebbero essere ritirati.
“Mandato va eseguito”
Crediamo che i giudici abbiano deciso in base alle prove presentate loro: rispettiamo la presunzione di innocenza”, ma gli accusati “devono rispondere. Le circostanze politiche possono cambiare, ma la giustizia continua a perseguire i suoi obiettivi”.
C’è chi ritiene che gli ordini di arresto della Cpi possano costituire un ostacolo alle trattative di pace. “E’ un argomento che viene usato – dice – ma le considerazioni politiche non vengono valutate dalla Corte. Crediamo che non ci sia pace duratura senza giustizia. Se ci sono considerazioni per le quali c’è bisogno di fermare i casi, per esempio perché ci sono negoziati di pace, non sta alla Corte decidere.
Ma c’è un articolo nello statuto di Roma – spiega – che permette al Consiglio di sicurezza di sospendere le attività della Corte per 12 mesi, una decisione che può essere rinnovata. C’è la possibilità per il Consiglio di Sicurezza di sospendere, ma non di terminare i casi davanti alla Icc. Per la Corte, noi abbiamo procedure legali da seguire e non possiamo prendere in considerazioni argomenti politici”, conclude.
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