La Galleria Poggiali è lieta di presentare ARCHIPELAGO – from a distance you look smaller but I know that you are there di John Isaacs, prima personale dell’artista inglese negli spazi milanesi della galleria. La mostra, a cura di Pierre Yves Desaive, apre in occasione dell’Art Week e di miart 2018, ventitreesima edizione della fiera d’arte moderna e contemporanea, e rimane visibile fino al 29 giugno 2018. Per la sua personale milanese l’artista presenta un progetto unico composto da tre elementi realizzati per l’occasione – una scultura, un neon e una fotografia – che riflettono sul tema del tempo, della sua sacralità e della sua percezione.
John Isaacs, artista poliedrico con oltre venti anni di carriera alle spalle, ha esordito in patria con la YBA -Young British Art– per poi spostarsi nel 2005 a Berlino, dove vive e lavora. Da allora la sua poetica si è evoluta diventando sempre più eclettica e meno legata allo stile britannico. Nella sua attività ha utilizzato i media più differenti – dalla pittura alla scultura passando per la fotografia – e utilizzando ogni tipo di materiale, dal bronzo alla luce al neon fino alla cera e alla ceramica. Questo suo continuo variare di linguaggio si lega strettamente alla sua ricerca sulla natura dell’uomo, sul paradosso, sulle difficoltà della vita contemporanea e sulle urgenze sociali legate all’economia.
Pierre Yves Desaive, curatore della mostra, sottolinea come ARCHIPELAGO ruoti attorno alla necessità, apparentemente utopica, di conciliare le esigenze di un singolo individuo di fronte al travolgente fardello dell’intera umanità e allude all’interconnessione storica ma precaria di tutte le nostre vite.
Il lavoro di Isaacs produce una condizione alterata della percezione della storia. Approcciandosi a materiali che dichiarano il loro tempo, l’artista trasforma passato e futuro in categorie ambigue e, attraverso le sue opere, ragiona su simbologie proprie delle istituzioni religiose e della cultura popolare per ristabilire parametri di valore e significato.
The empty temple è una scultura del 2018 in ceramica, gomma lacca, resina epossidica e foglia oro a 24 carati, dalla forma di una benna per escavatore a grandezza naturale. L’opera, dall’apparenza solida ma realizzata in fragile ceramica, si mostra con la forma del progresso e rispecchia il nostro presente ma è al contempo rappresentativa delle credenze del passato e sembra ricordare più una reliquia che un attrezzo edile, quasi un oggetto di culto riemerso da tempi lontani.
From a distance you look smaller but I know that you are there del 2018 è una scritta al neon, una nota luminosa segnata a mano sul muro che, coerentemente con il tipico atteggiamento di Isaacs, mette in collisione le categorie di passato, presente e futuro. È un graffito di luce in cui il riferimento ad artisti come Merz e Nauman è intrinseco e il messaggio è apparentemente diretto ma in realtà di nuovo aperto. L’opera, come un promemoria, ha infatti la capacità di farci cambiare punto di vista ricordandoci le nostre infinite possibilità di cambiamento.
La terza opera in mostra, a perfect soul del 2018, è una fotografia il cui soggetto sono la moglie e la figlia dell’artista, un richiamo immediato alla narrativa della famiglia e dell’amore, del mito dei cicli della vita e della memoria di una generazione che influisce su un’altra. È un’immagine intima dalla forte carica emotiva con la quale chiunque può relazionarsi, ma la scala è invertita ed è la bambina a tenere tra le mani la madre anziché il contrario. Per riportarci a credere nella magia e nella leggerezza, ancora una volta Isaacs ci pone una domanda sulla nostra nozione lineare del tempo, proponendone uno scorrimento emotivo che si dipani in più direzioni contemporaneamente, così che possiamo modellare il nostro futuro grazie a un passato normalmente non percepito.
Lo straniamento iniziale che producono le opere di questo artista riguarda un’essenza condivisa da tutti gli umani, una sensazione sublimata da una grande diversità di media e materiali capaci di catturare la fantasia dell’osservatore. Linguaggio e referenzialità hanno lo scopo di aprire a nuovi dialoghi in modo che, piuttosto che riaffermare un significato, questo si annulli per rivelare la dimensione emotiva delle cose e il loro rapporto con l’essere umano.