Non abbiamo inventato proprio niente! È con questa frase che abbiamo aperto il primo articolo del nostro viaggio alla scoperta del vino, ed è con questa frase che apriamo il nostro articolo di oggi. Facciamo un passo indietro per capire cosa del passato è rimasto ancora in vita ai giorni nostri..
Nell’articolo precedente abbiamo accennato ad una figura curiosa che nell’antica Roma presenziava ai banchetti dei ricchi signori. Si trattava dell’arbiter bibendi (o rex convivii) che , come raccontava Orazio, era una persona eletta tra i convitati attraverso il gioco dei dati. Il fortunato a cui usciva il 6, erano nominato arbiter bibendi e aveva l’autorità di imporre a ciascun ospite il numero dei bicchieri di vino da bere, la quantità di vino e da acqua da mescere e la qualità del vino. Non vi ricorda nulla questa figura? Un po’ alla lontana diremo di si, forse ci ricorda proprio il sommelier! Oggi il sommelier non si sognerebbe mai di innaffiare il nostro calice di vino con abbondante acqua profumata né tanto meno di decidere le quantità di vino che dovremmo bere .
Sicuramente però presenzierebbe alla nostra tavola
con arte e professionalità, consigliando il vino più idoneo da accompagnare al nostro cibo, e non solo. Il sommelier conosce le tecniche degustative (esame visivo, olfattivo e gustativo) ed è in grado di conservare e servire il vino correttamente. Per dare sfoggio delle tecniche degustative deve mantenere in perenne allenamento le papille gustative, avere un olfatto raffinato e un occhio attento alle sfumature. I Romani non erano così ricercati nella scelta del proprio sommelier, tuttavia la nomina di un “addetto al vino” durante i banchetti ci fa comunque intendere che avessero a cuore il tema e che per il “nettare degli dei” doveva esserci necessariamente una figura d’eccellenza, il rex convivii appunto!
E i bicchieri? Dove si beveva il vino nell’antica Roma? I romani (parliamo sempre di quelli più ricchi!) erano molto attenti alla scelta del vasellame da tavola, e per ogni tipo di vino, c’era una coppa adatta. Il vino di Sorrento per esempio doveva essere necessariamente bevuto in coppe di terracotta rigorosamente provenienti da Sorrento! Il conditum invece, cioè il vino mescolato al miele e al pepe, era servito in vasi murrini molto costosi e ricercati. Se diamo ascolto a Marziale 1 il nero Falerno si beveva in coppe di cristallo perché ne esaltava il colore; se leggiamo Giovenale invece apprendiamo un curioso modo di fare: alcuni uomini molto ricchi quando bevevano del vino pregiato, erano soliti “impreziosirlo” facendo scivolare dal proprio dito un anello con pietre e perle incastonate per poi… bere il tutto (tranne l’anello ovviamente!); probabilmente era un modo estroso per insaporire maggiormente il vino…roba da ricchi insomma!
E oggi? Beh, per un vino pregiato c’è bisogno di un bicchiere idoneo, tuttavia, rispetto al passato, la scelta del calice rispetto ad altre tipologie di bicchieri, è strettamente legata alla capacità del calice di mantenere intatta l’essenza del vino. Quest’ultimo infatti, attraverso il lungo gambo, consente di non toccare la coppa e quindi di non riscaldare con la mano il vino che potrebbe subire una piccola alterazione (che sicuramente solo un palato da intenditore potrebbe percepire!). Come al tempo dei romani, anche oggi, il bicchiere più adatto è di vetro o di cristallo.
Ritornando ai romani, questi non bevevano solo nelle coppe ma anche in vasi e scodelle. Uno dei più comuni era lo scyphus , una specie di scodella, anticamente realizzata in legno, successivamente in argento; questo tipo di coppa era di solito associata ad Ercole che nella maggior parte delle raffigurazioni era rappresentato con uno scyphus in mano; il chantarus invece, un grosso calice con un piede piuttosto lungo e due anse laterali, era il classico attributo di Dioniso.
Un’altra coppa molto usata dai romani era il kylix una calice piatto a volte provvisto di anse. nell’articolo precedente abbiamo specificato che l’utilizzo della coppa piatta aveva principalmente la funzione di deposito delle impurità, specialmente del vino. Nonostante il vino venisse filtrato, risultava comunque torbido, pertanto il Kylix consentiva un’ulteriore depurazione. A ben vedere anche oggi si utilizzano coppe larghe, pensiamo a quelle di Champagne. Come i romani utilizzavano la coppa piatta per scopi ben precisi, così facciamo noi oggi. La coppa larga infatti è utilizzata per gli spumanti dolci perché la larghezza del bicchiere consente di far arrivare lo spumante su tutta la lingua permettendo alea papille gustative di percepire in modo omogeneo il sapore dolce dello champagne; diversamente, se si utilizzasse un bicchiere stretto e lungo, lo spumante si concentrerebbe principalmente sulla punta della lingua, amplificando il dolce dello spumante e rischiando di renderlo stucchevole. Non è finita qui, tra romani e attuali sommelier il repertorio di coppe e bicchieri per degustare il vino è davvero sorprendente, tuttavia noi ci fermiamo e continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del vino con un nuovo articolo su…
[1]73, Il Ciabattino arricchito, Epigrammi di Marziale
Fonti:
A.DOSI, F. SCHNELL, Vita e costumi dei romani antichi, Pasti e vasellame da tavola, Museo della civiltà romana, Edizioni Quasar
http://www.vinoinrete.it/sommelier/sommelier%20-1-%20bicchieri.htm