Secondo il report “Clicking Clean: A Guide to Building the Green Internet”, pubblicato in queste ore da Greenpeace,alcune tra le più grandi compagnie di Internet come Apple, Facebook e Google guidano gli sforzi per alimentare la Rete solo grazie a fonti di energia rinnovabile, a differenza di altre come Amazon, che difetta in trasparenza e chiarezza. La strada verso una Rete 100 per cento rinnovabile è però ostacolata dall’opposizione di alcune importanti aziende elettriche e dalla crescente domanda di energia del settore.
«Per alimentare Internet, le compagnie hi-tech si stanno orientando verso la scelta più intelligente: le fonti rinnovabili», afferma Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia. «Ma si scontrano con la resistenza di alcune compagnie che operano in regime di monopolio in luoghi chiave per questo settore – come Taiwan, o la Virginia e la North Carolina negli Stati Uniti – e che si rifiutano di passare a fonti energetiche come il solare e l’eolico. Affinché Internet diventi meno inquinante, le grandi compagnie devono coalizzarsi per spingere le utilities e le istituzioni a fornire loro energia 100% rinnovabile».
Secondo dati del 2011, se le infrastrutture digitali fossero uno Stato sarebbero il sesto più grande consumatore di energia al mondo. Il consumo energetico di Internet è però in continuo aumento, trascinato dall’incredibile crescita di servizi di video streaming come Youtube o Netflix. Oggi oltre il 60 per cento del traffico Internet è usato per la visione di video in streaming, una percentuale che si stima possa arrivare al 76% entro il 2018.
Il report di Greenpeace denuncia inoltre la scarsa trasparenza di Amazon Web Services (AWS). L’anno scorso il gigante del cloud aveva fatto qualche passo avanti, impegnandosi ad alimentare le sue operazioni con energia 100 per cento rinnovabile, ma manca assolutamente di chiarezza per ciò che riguarda i suoi consumi energetici.
Amazon aveva annunciato piani di acquisto di energia eolica per oltre 100 MW, ma Greenpeace ha scoperto che continua a espandersi rapidamente in Virginia, dove la rete elettrica è alimentata solo per il 2 per cento con fonti rinnovabili. Secondo quanto trovato da Greenpeace, l’attuale mix energetico di Amazon è composto solo per il 23 per cento da fonti rinnovabili.
«Amazon deve fornire più informazioni sull’impronta energetica dei suoi data center, chiarendo come intende raggiungere l’obiettivo 100% rinnovabili», dice Iacoboni. «La rapida espansione di Amazon in Virginia, uno stato fortemente dipendente dal carbone, dovrebbe preoccupare i suoi clienti. La stessa Greenpeace Italia, che aveva mantenuto un contratto con Amazon Web Services fidandosi delle promesse di cambiamento fatte dal colosso americano, ora sta valutando di cambiare fornitore. E altrettanto sarebbe auspicabile che facessero giganti del web come Netflix o Pinterest, totalmente dipendenti da Amazon per le loro attività online».
Tra le altre compagnie prese in esame, Apple resta la più determinata nell’impegnarsi ad alimentare i propri data center con energia rinnovabile. Grazie agli investimenti degli anni passati e a quelli programmati per il prossimo futuro – tra cui un accordo da 850 milioni di dollari per alimentare le sue attività in California – Apple sembra essere in grado di raggiungere l’obiettivo di alimentare il proprio cloud per un altro anno con energia 100 per cento rinnovabile. Seguono Yahoo, Facebook e Google, rispettivamente con il 73, il 49 e il 46 per cento di energia da fonti rinnovabili.
Greenpeace chiede a tutte le più grandi compagnie del settore Internet di sottoscrivere un obiettivo di lungo termine per alimentare ogni loro attività con energia 100 per cento rinnovabile, e di impegnarsi per una politica trasparente sui loro consumi energetici, permettendo a clienti e investitori di valutare i progressi fatti verso il raggiungimento di questo obiettivo.