Tutti abbiamo avuto ed abbiamo a che fare con le coincidenze, coincidenze improbabili, miracolose, che addirittura credevamo impossibili. Fin qui tutto normale. Per la maggior parte delle persone però una coincidenza non è mai solo e semplicemente tale e non di rado vengono scomodati, al fine di trovare delle spiegazioni, la religione, la metafisica o il paranormale. Chi non ha mai avuto la tentazione di attribuire ad una coincidenza significati che in realtà non aveva? Questo potrebbe succedere perché cerchiamo rassicurazioni, terreni già segnati ed investiamo fantomatiche forze del destino di una certa autorità.
L’apofenia è tutto ciò: l’identificazione di schemi o connessioni in dati casuali o senza alcun senso e tra fenomeni che non hanno alcuna relazione tra loro. In parole povere, la nostra mente è “programmata” per vedere più di quanto non ci sia “lì fuori”. E quest’istinto è così forte che non riusciamo a farne a meno.
Romolo Giovanni Capuano, scrittore, sociologo e criminologo, ospite presso il Cantiere Giovani di Frattamaggiore dove ha presentato il suo libro “APOFENIA”, indaga così il territorio sconfinato delle coincidenze e del loro significato. Il tutto attingendo a campi di studio eterogenei, dalla psicologia alla storia passando per le leggi della probabilità. Il libro, nel quale lo scrittore si rivolge al lettore in maniera confidenziale, è strutturato in una prima parte di esempi di diverse esperienze di coincidenze che apparentemente non hanno una spiegazione razionale. Attraverso interrogativi come “Perché creiamo questi legami? Perché facciamo appello al destino o a forze misteriose caricando le cose di significati ad ogni costo?”, arriviamo ad una conclusione di fondo: è il cervello il vero deus ex machina.
Una particolare forma di apofenia è la pareidolia, cioè la tendenza a vedere nelle strutture amorfe che ci circondano forme ed oggetti riconoscibili. Tutti possediamo, in misura più o meno accentuata, questa attitudine e la utilizziamo quotidianamente, anche senza accorgercene. Basti pensare al gioco di attribuire alle nuvole delle forme che riconducono ad animali o oggetti.
Il libro ci offre dunque un percorso che si giostra “[…] tra due visioni antitetiche del mondo: da un lato quella mistica, religiosa, paranormale che vede nelle coincidenze il segno di qualcosa di ineffabile ai più; dall’altro quella delle scienze umane, incline a reperire spiegazioni “laiche” a fenomeni perfettamente spiegabili, ricorrendo a ciò che sappiamo del funzionamento della mente umana e dei principi elementari della statistica”.
Un dubbio però ci sorge. Se lo scopo del libro è dare un ruolo di grandissima importanza al caso e bandire le spiegazioni irrazionali, come possiamo affermare che spesso le coincidenze hanno una spiegazione razionale se il caso prescinde dall’intervento del cervello?
Il punto è questo: il caso ha nella nostra vita un ruolo enorme che spesso sottovalutiamo. Il problema è che la maggior parte di noi attribuisce al caso significati paranormali, misteriosi ed esoterici che, a mio avviso, non dovrebbe avere. Questi significati sono attribuiti soprattutto quando la coincidenza casuale investe e attiva un nostro sistema di credenze, aspettative e convinzioni. Queste coincidenze possono invece spiegarsi benissimo in maniera razionale senza scomodare significati soprannaturali. Il caso prescinde dal nostro cervello, ma a volte creiamo noi stessi il caso. Vi faccio un esempio: una donna incinta tende a vedere intorno a sè un numero incredibile di donne incinte a cui prima non aveva fatto caso. Non è che, all’improvviso, tutte hanno deciso di fare figli: è semplicemente cambiato il suo sistema di rilevanza, nel senso che ora presta attenzione a cose alle quali prima non dava peso, creando la coincidenza.
Lo scrittore ci dice insomma che il caso non sarà certo il padre di ogni evento, ma la fa sicuramente da padrone e faremmo bene a convincercene.
foto © Pietro Scolorato