E’ sulla scia di altre grandi città del calibro di Berlino, Parigi, Londra, Toronto, San Francisco, New York City e Melbourne che anche a Torino arriva la nuova realtà tutta bio; l’apicultura urbana, già ampiamente sviluppata nelle succitate zone urbane arriva anche nel nostro Paese. Non bisogna, però, commettere l’errore di ridurre tutto alla necessità di produrre autonomamente e a Km zero, la vera ratio del progetto mira all’eco-sostenibilità, al biomonitoraggio e alla riqualificazione urbana.
Basta fare un giro sul web per incontrare subito UrBees, il progetto torinese che si occupa di promuovere l’apicultura urbana nel capoluogo piemontese e, bisogna dirlo, con risultati più che accettabili. UrBees nasce a Torino nel 2010 e, nel 2012, ha fatto registrare circa 80Kg di miele raccolti aumentati a 400 nel 2014.
Gli apiari operano per lo più in residenze private, musei, centri socio culturali, orti urbani, ovviamente nel rispetto delle norme in materia di sicurezza, l’obiettivo primario è quello di biomonitorare le zone di raccolta di nettare e polline per proteggere e favorire la flora circostante. Per questo i ricercatori conducono una serie di ricerche sul suolo urbano con lo scopo di mappare la biodiversità e disporre, in questo modo, di una serie di dati ambientali dai quali partire per la riqualificazione delle zone verdi della città.
Un’iniziativa lodevole e utile allo stesso tempo, ma cosa ci dice la legislazione italiana in merito? La legge che regola l’apicultura è la 313/04; secondo la normativa vigente e gli articoli del codice civile a essa correlati, chiunque detenga alveari deve darne opportuna comunicazione al servizio veterinario della ASL competente per la zona di residenza, da questa otterrà un codice di identificazione nazionale. Oltre a ciò, il codice civile sancisce che gli apiari debbano essere collocati a una distanza non inferiore a dieci metri da strade di pubblico transito e a non meno di cinque metri da proprietà pubbliche e private fatte salve alcune eccezioni. Nel caso, invece, ci si trovi nelle vicinanze di impianti industriali saccariferi, gli apiari saranno tenuti al rispetto della distanza minima di un chilometro.
Molti i vincoli da rispettare, non ultimo quello derivante dall’articolo 2052 del codice civile, secondo cui, in caso di danni a terzi o a cose provocati dalle api urbane a risponderne ne sarà il proprietario.
Se praticata nel rispetto delle norme, quella dell’apicultura urbana potrebbe essere davvero un’attività molto interessante in tema di biosostenibilità, come sottolinea la stessa Legge 313/04. Per Urbees quello che conta davvero è proteggere l’ambiente circostante; dalla produzione di miele, cera, propoli, prodotti dalle api, infatti, è possibile controllare la presenza di metalli pesanti insiti nelle sostanze create e stilare un quadro ambientale ben preciso.
La domanda viene spontanea, dunque, sarà così salutare mangiare sostanze contaminate? Come spiega Antonio Barletta, l’ideatore del progetto, il miele urbano ha le stesse precise caratteristiche di quello prodotto in campagna, le quantità di metalli pesanti derivante dai rilievi fatti sul miele e sulla cera prodotti a Torino sono minime e non mettono in alcun modo a rischio la salute dell’uomo, rilievi, che i produttori tradizionali non effettuano poiché non richiesti.
Il miele, dunque, non fa male e, allo stesso tempo, grazie alle analisi sulle sostanze prodotte è possibile proteggere e tenere sotto controllo l’ambiente circostante. Se si vuole mettere a disposizione il proprio spazio urbano, dunque, è possibile rivolgersi alla casella di posta urbees@hotmail.com in cambio, potrete tenere il miele.