2,4 miliardi di euro, questa la cifra che Google dovrà sborsare per pagare la grossa multa che l’Unione Europea le ha inflitto. Cifra confermata dopo l’appello all’antitrust dell’UE che ha respinto le ragioni di Google contro le accuse di aver messo in atto pratiche lesive della concorrenza verso competitor minori specializzati in ricerche per gli acquisti.
Unione Europea e la maxi multa per Google
Il tribunale generale dell’Unione europea ha ritenuto che Google avesse violato le regole della concorrenza e mercoledì 9 novembre, discutendo l’appello presentato dalla società Usa, ha confermato la legittimità della sanzione comminata dalla Commissione europea nel 2017. Nel confermare la sentenza, i giudici europei hanno però ritenuto che i regolatori non erano riusciti a dimostrare che Google aveva danneggiato il mercato della ricerca generale, eliminando la constatazione di una violazione estesa da parte dell’Ue, che avrebbe portato a una multa ancor più salata. Il comportamento anti-concorrenza riguarda infatti solo il campo dei servizi di ricerca per gli acquisti.
La reazione di Google
La risposta del colosso tecnologico americano alla sentenza dell’antitrust europeo non è tardata ad arrivare. Google sembra non voler arrendersi e prepara future contromosse: «Gli annunci su Shopping aiutano le persone a trovare i prodotti cercati in modo semplice e veloce, e aiutano i commercianti a raggiungere potenziali clienti. Il giudizio del Tribunale Ue, che esamineremo nel dettaglio, si riferisce a una serie di fatti molto specifici e già nel 2017 abbiamo apportato modifiche per ottemperare alla decisione della Commissione Europea. Il nostro approccio ha funzionato con successo per più di tre anni, generando miliardi di clic per più di 700 servizi di shopping comparativo».
Una multa che fa scuola?
La multa della Commissione Europea verso Google potrebbe essere un’apripista fondamentale per i governi (ma anche per l’Unione Europea stessa) nell’enorme discorso che comprende la quadratura fiscale delle grandi aziende tecnologiche. Una multa del genere potrebbe portare a decisioni simili anche per realtà come Facebook, Apple o Amazon che da sempre si sono appoggiate a norme o a stati nei quali possono godere di un sistema fiscale molto comodo.