A Tebe, si è appena conclusa la guerra civile che ha visto Eteocle e Polinice, i due figli di Edipo, contendersi il trono. Entrambi sono morti e Creonte, fratello di Edipo, è il nuovo re, il suo dovere è sancire il confine tra vincitori e vinti, tra buoni e cattivi.
È per questo che emana un editto che vieta la sepoltura del cadavere di Polinice, ritenuto un traditore della patria, perché, come re, deve seguire la Ragion di Stato, sradicando ogni possibile focolaio di ribellione.
Sua nipote Antigone, la giovane sorella di Polinice, però, si oppone a questa decisione: senza odio personale e in nome di un giustizia umana che precede e supera le leggi. Laura Sicignano sceglie di portare in scena Antigone privilegiandone l’azione e la relazione rispetto alla dizione: la drammaturgia si intreccia con il suono e la musica dal vivo, lo spazio astratto e visionario richiama macerie di palazzi sventrati, evoca scenari mediorientali di guerre infinite, tecnologia e miseria.
Affronta il mito in una terra – la Sicilia – che si è nutrita di grecità e che si dibatte quotidianamente tra potere e strapotere, ribellione e anarchia, eroi del bene e del male, fiera di un’identità, frutto di una stratificazione di popoli.
Antigone è un’anarchica ante litteram, e qui è interpretata da un’intensa Barbara Moselli, che porta nel personaggio tutta la sua esperienza dei teatri di frontiera; accanto a lei, attori concreti e creativi, capaci di padroneggiare corpo e parola in una versione dell’Antigone dal sapore magnogreco.