Dopo la discarica di Cous Cous Klan, stavolta Carrozzeria Orfeo ci racconta il nostro tragicomico presente dall’interno di uno sgangherato bar di quartiere gestito da un razzista misantropo (di cui ascoltiamo solo la voce, proprio perché non esce più dal proprio appartamento…) e da una barista ucraina che, per arrotondare, affitta il proprio utero.
Per tacere dei clienti… un imprenditore ipocondriaco che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia; un buddista inetto che, mentre lotta per la liberazione del Tibet, subisce le violenze domestiche della moglie; uno zoppo bipolare che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale; infine, uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla grande guerra.
Li cogliamo appoggiati al bancone del bar, quando l’alcol allenta la morsa e toglie loro la museruola, liberando riflessioni irriverenti, domande scomode, affermazioni politicamente scorrette, ironia tagliente e battute dissacranti. Sono sei animali notturni, illusi perdenti, che provano a combattere, nonostante tutto, aggrappati ai loro piccoli squallidi sogni, ad una speranza che resiste troppo a lungo. Come quelle erbacce infestanti e velenose che crescono e ricrescono senza che si riesca mai ad estirparle. E così, tra dialoghi surreali e tonnellate di cinismo questi Animali da Bar ci fanno ridere di gusto fino a un epilogo inaspettato, che (forse) accende una speranza.