Donne e politica nell’intervista alla prof. Laura Guidi che è docente di “Storia delle Donne e dell’Identità di Genere” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II
Laura Guidi è docente di “Storia delle Donne e dell’Identità di Genere” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Rappresentante della Facoltà di Lettere e Filosofia del medesimo ateneo per le Pari Opportunità , è tra le fondatrici, nel 1989, della “Società Italiana delle Storiche”. Discutiamo con lei di alcuni dei più controversi punti della legge elettorale campana, concernente proprio il tema della parità tra i generi.
Professoressa Guidi, nell’ultimo decennio si è assistito a una discreta presenza femminile nella politica campana. Nella nostra regione vi sono diversi esempi di donne assurte a cariche di alta responsabilità politica, le quali siedono su scranni consiliari o ricoprono assessorati, fino ad arrivare, salendo la “piramide amministrativa”, ai casi massimi della Jervolino, sindaco di Napoli dal 2001, e di Sandra Lonardo Mastella, presidente uscente del consiglio regionale. A suo avviso questa presenza è spia di una società già matura in merito alla parità di generi in politica? Come valuta da questo punto di vista la Campania al 2010?
Se dobbiamo considerare i due nomi da lei proposti, non parlerei di un segnale innovativo, poiché, come lei ben sa, si tratta di due donne che hanno avuto accesso alla politica per strade molto tradizionali. Mi sembrano molto più significative altre figure – penso ad esempio a Luisa Bossa , ex sindaco di Ercolano, oggi deputata e componente della Commissione antimafia, o all’attuale assessore regionale alle Politiche Sociali e Giovanili e alle Pari Opportunità Lilli De Felice: donne molto più autonome rispetto al vecchio establishment politico, e più innovative. Ho citato i nomi di donne che conosco e apprezzo personalmente, ma potrei fare un elenco molto più lungo di “innovatrici” della politica, sul piano sia amministrativo che nazionale.
Della legge regionale campana, in particolar modo, ha fatto discutere l’articolo 4. Questo sancisce che, nel caso in cui l’elettore voglia esprimere due preferenze per il consiglio regionale, debba votare un candidato uomo ed uno donna, pena l’annullamento della seconda preferenza. Diversi opinionisti hanno obiettato che, per quanto l’articolo quadri da un punto di vista costituzionale, questo va a ledere la libertà di voto dell’elettore, il quale si trova vincolato nella sua scelta. Si annota, insomma, che in questo modo il provvedimento arreca un danno forse pari al relativo beneficio. Lei che considerazione ha dell’articolo 4? Lo ritiene un valido strumento per la tutela della parità di generi in politica?
Veniamo ad un tema molto discusso, che vede divise le donne stesse: quello delle “quote” e di analoghe misure volte a produrre un mutamento a favore dell’empowerment femminile, nel quadro italiano (vergognoso, per un paese civile) di sottorappresentazione politica delle donne. Purtroppo i meccanismi di cooptazione da parte dei vertici dei partiti producono varie forme di coazione a ripetere, tra cui quella di uomini che chiamano alla loro successione altri uomini; perciò a mio parere ben vengano queste misure, che in altri paesi europei – e non solo in quelli scandinavi – hanno reso possibile una equilibrata rappresentanza dei due sessi sulla scena politica, anche facendo pesare la forza cogente della legge.
Allo stesso tempo l’articolo 10 sancisce che nella composizione delle liste di candidati uno dei due generi non può rappresentare più di due terzi della lista stessa, pena l’esclusione della lista dalla competizione elettorale. Questo provvedimento va a impedire ab origine non solo il formarsi di liste squilibrate a favore degli uomini, ma anche esperimenti politici in rosa, come se ne sono vissuti in passato anche in Campania. Secondo lei tale articolo è uno strumento giuridico adeguato allo scopo?
Ma le liste rosa sono più che altro una risposta difensiva all’egemonia maschile sui partiti. Nel momento in cui si garantisce adeguato spazio alle donne nelle liste, esauriscono, a mio avviso, la loro funzione storica. Le pari opportunità non si raggiungono creando spazi femminili separati -una sorta di riserve indiane – per quanto questi possano offrire sponde di resistenza in periodi particolarmente bui, ma promuovendo l’ingresso di donne capaci e competenti in tutte le stanze della politica. Solo così le competenze e le energie , finora poco valorizzate, delle donne potranno dare un apporto determinante alla gestione della cosa pubblica.
Si sono registrate, specialmente in seno al Pdl, delle polemiche relative proprio all’assegnazione della quote rosa. Esponenti del partito, anche sulle pagine del Cinque Colonne Magazine, hanno lamentato che si è preferito candidare figlie, mogli e fidanzate di dirigenti (nonché un’ex-meteorina), piuttosto che personalità dotate di maggiore esperienza politica e dal più solido curriculum. Come evitare che la parità di generi nei partiti si riduca in formalismo? Cosa può fare, a suo avviso, il legislatore in questo senso?
Questo è un punto cruciale. L’obiettivo “più spazio alle donne” può essere manipolato e stravolto da chi voglia estendere il proprio “maschilissimo” potere attraverso mogli, figlie, amanti…pronte ad accettare, a loro volta, benefici secondari e ricompense per la loro compiacenza: una dinamica antica, anche quando si avvale di strumenti legislativi nuovi. Più che il legislatore, dovrebbero essere, credo, i partiti a fornirsi di un codice etico al riguardo. Le militanti dotate di reali doti e competenze, in particolare, dovrebbero mobilitarsi su questo tema, rifiutando di farsi scavalcare da “mogli di…” e veline. Vedrei con favore un’alleanza femminile trasversale volta a promuovere un codice etico che possa essere condiviso dai diversi schieramenti: per la dignità della donna e al tempo stesso della politica. Gli elettori e, a maggior ragione, le elettrici dovrebbero contrastare col loro voto le candidature femminili strumentali alle vecchie logiche di potere, premiando donne che portino nella sfera politica competenza, onestà e autonomia, D’altra parte, proprio in questi giorni le elezioni regionali francesi ci danno un esempio splendido di come donne di valore, capaci di unirsi, possano rinnovare concretamente la politica.
Roberto Procaccini