Una giornata che dovrebbe servire a far nascere riflessioni ed approfondimenti sulla nostra quotidianità , oggi che il lavoro (quello che si celebra oggi e che è all’articolo 1 della nostra carta costituzionale) è vilipeso in ogni modo dal famelico capitale e da governi che non rappresentano più nessuno se non se stessi e i loro miseri interessi economici sulla pelle dei cittadini
E’ una giornata dal sapore amaro quella odierna. Un sapore che è lasciato non tanto dal fatto che questa giornata celebrativa nel nostro Paese e ridotta a poco più che un’altra occasione per fare un po’ di musica in piazza. L’amarezza è data principalmente da altre considerazioni molto più cocenti: la crisi economica, la mancanza di lavoro (e quindi di dignità per la persona), la mancanza di prospettiva per i figli e per il futuro, l’inequità sociale e la consapevolezza di non governare più la propria vita. Questa consapevolezza è amara come il fiele e procura un malessere – a chi la prova – che davvero è difficile da spiegare con le parole ma che sta tutta nei numeri dei crescenti suicidi che si susseguono quotidianamente. Lasciando stare tesi più o meno durkheimiane, tanto oggi il minimo culturale richiesto è ridotto solo ad un optional, bisognerebbe porsi domande serie e darsi risposte altrettanto serie in merito a questioni così scottanti, ma tant’è. Cosa conta oggi? I numeri, sì solo i numeri, e tutto è ridotto ai meri numeri che – con l’apporto dei tecnici di turno – sono girati e rigirati in maniera tale da autoassolversi con l’apporto matematico non oggettivo ma soggetivo. C’è un problema di rappresentatività , e non solo in Italia ma in Europa e nel Mondo intero, e d’incapacità manifesta della politica che ha completamente abdicato al proprio ruolo accomodandosi in una subalternità , pronuba al capitale, che più che spavento fa solo schifo, ormai. Questo scenario accoglie, oggi, una festa del Lavoro, o dei Lavoratori (entrambi con la lettera maiuscola s’intende) che poco sensa celebrativo deve avere ma riacquistare, invece, quello prettamente rivendicativo e di lotta per i diritti dei cittadini che vengono, non solo stracciati e bruciati ogni giorno ma, vilipesi ed irrisi da quella minoranza arrogante e boriosa che si nasconde dietro il capitalismo economico-finanziario sfrenato che non si accontenta più di aver distrutto e distruggere tutto il mondo emerso, ma che vuole continuare a farlo eliminando dal suo cammino qualsiasi possibilità , non già di cambiamento di rotta ma, di semplice voce contraria fuori dal coro. Ecco perchè quella di oggi diventa una giornata importante e da trasmettere alle future generazioni: non una “Festa Del Lavoro” ma una “Festa Per il Lavoro”. Perchè il lavoro è dignità umana ed l’unica cosa che rende la vita di un uomo degna di essere vissuta. Perchè l’uomo ha dei doveri ma ha soprattutto dei diritti e nessun capitale potrà mai valere la vita di un solo uomo. Perchè i valori positivi tratti da fatti tristissimi che ci sono stati tramandati come ‘Portella della Ginestra’ non devono giacere in tre righi dei revisionati libri di storia ma essere presenti nelle coscienze delle persone e gridare la loro drammaticità ogni giorno, ogni momento. Lasciarsi tirare dentro – come i media fanno ogni istante di ogni santo giorno – alle beghe del capitale selvaggio con: spread, differenziali, pareggio di bilancio, tecnici e supertecnici,  tecnocrati, culi tristi francesi e culone teutoniche, marpioni oggi di Detroit e ieri di Torino, italo-idioti e burlesquoni, ” pidiellini e pidiini”  (chiedo scusa per l’elenco e la dismenorrea lessicale che provoca), significa solo lasciarsi distrarre dalla realtà per far sì che la medicina da bere sia meno amara o non ci si accorga che ci viene somministrata a dosi massicce di supposte quotidiane.
Gianni Tortoriello