Sarà in scena al Teatro Nuovo di Napoli “Amore” il più recente spettacolo della Compagnia Scimone Sframeli, l’ottava commedia di Spiro Scimone, la quarta con la regia di Francesco Sframeli, in cui le tenere e, insieme, crudeli quotidianità del sentimento amoroso sono rappresentate con la consueta e delicata poesia delle cose semplici, dai gesti affettuosi e familiari, alla prova del tempo e dei ricordi, che non tornano più.
In scena, oltre a Spiro Scimone (il vecchietto) e a Francesco Sframeli (il comandante), Gianluca Cesale (Il pompiere) e, per la prima volta nella storia più che ventennale della compagnia, un’attrice, Giulia Weber che interpreta la vecchietta. La scena è di Lino Fiorito (già premio Ubu per lo spettacolo precedente della compagnia, Giù) e il disegno luci di Beatrice Ficalbi.
Quattro vite al tramonto si muovono tra le tombe di un simbolico cimitero. La scena è, infatti, composta da due tombe a due piazze, il tempo è sospeso e, forse, stanno tutti prendendo parte all’ultimo giorno della loro vita. Due coppie comuni, senza nome: il “vecchietto” e la “vecchietta”, il comandante e il pompiere. Moglie e marito i primi, clandestini i secondi.
Amore, oltre che titolo della creazione di Scimone e Sframeli, è anche l’appellativo con cui, quasi ossessivamente, la donna si rivolge al marito: un modo che è tipico del gergo degli affetti, in cui le parole si logorano fino a perdere il significato originario, per diventare qualcosa d’altro.
Entrambe le coppie si abbandonano ai ricordi, creando un universo parallelo abitato da memorie e rimpianti, giocose affettuosità, dimenticanze e amari sorrisi.
“Queste due coppie – spiega Spiro Scimone – sono vicine alla morte, ma con leggerezza infantile parlano di quello che hanno provato da giovani e di ciò che forse non è ancora perduto. Alla fine di tutto, il senso della vita si può trovare solo nell’amore”.
L’intimità scorre lungo un tempo sospeso, al ritmo di parole ripetute e ossessive, che evidenziano dettagli di intimità domestica, ormai trasfigurate dalla nebbia della vecchiaia.
Il testo, come tutti i lavori di Spiro Scimone, è costruito su dialoghi surreali, ritmi serrati che intercettano relazioni, attenzioni quotidiane e richieste fisiche che celano necessità sul limite tra la verità e la tragedia del quotidiano. Scimone prosegue il suo percorso drammaturgico ai bordi dell’umanità, all’interno di non luoghi, dove i personaggi non hanno nome e dove l’Amore è una condizione estrema e, forse, eterna.
La compagnia Scimone Sframeli, con Amore, costruisce un altro tassello della loro ricerca “verso l’essenza del teatro, non perdendo mai il legame fra gli attori, il testo e il pubblico”.