Da diversi anni la ricerca sta mettendo a punto sistemi per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Sapere in anticipo che si svilupperà una malattia è sempre importante, quando si tratta di malattie neurodegenerative lo è ancora di più. Si stima, infatti, che entro il 2050 ci saranno 150 milioni di malati di Alzheimer in tutto il mondo, di contro dovrebbero arrivare nuovi medicinali più efficaci. Nei giorni scorsi, in occasione del congresso nazionale della Società Italiana di Neurologia svoltosi a Napoli, si è fatto il punto sulla prevenzione della malattia e sui nuovi metodi per la sua diagnosi precoce.
I test sulla memoria
Per anni, il metodo principe per la diagnosi dell’Alzheimer sono stati i test cognitivi. Batterie distinte per valutare i vari aspetti del declino cognitivo che è uno dei segni più tangibili della malattia di Alzheimer. Presto, però, tali test hanno rivelato i loro limiti poiché il declino cognitivo può avere tante cause diverse e con il tempo sono diventati un esame aggiuntivo.
In un momento successivo, la PET (Tomografia a emissione di positroni) è stata di grande aiuto per diagnosticare l’Alzheimer. La tecnica diagnostica medica di medicina nucleare utilizzata per la produzione di bioimmagini è stata in grado di individuare depositi di beta amiloide, tratto distintivo dell’Alzheimer, nel cervello in più di 10000 pazienti. Anche la PET, utilizzata da sola, ha, però, evidenziato i suoi limiti con un 15% di diagnosi errate. Inoltre è un esame molto costoso che viene generalmente utilizzato per quanti sono in cura presso centri specializzati e non come esame di routine. Pertanto risulta chiaro, così come evidenziato in occasione del convegno di Napoli, che l’approccio diagnostico più corretto è quello che combina strumenti clinici e test cognitivi.
Diagnosi precoce dell’Alzheimer: i biomarcatori plasmatici
Nell’intento di delineare delle linee guida per la diagnosi dell’Alzheimer più efficaci, gli studiosi hanno iniziato a prendere in considerazione i biomarcatori plasmatici. Secondo numerosi studi, i biomarcatori plasmatici avrebbero la stessa affidabilità di PET e analisi del liquido spinale nell’individuare le proteine dell’Alzheimer. Al tempo stesso sono un esame semplice e non costoso, l’ideale perché diventi un esame di routine.
Al momento non sono stati individuati biomarcatori specifici, ciò nonostante rivestono un’importanza primaria. La loro comparsa nel sangue avviene molto prima che si possano riscontrare i segni della malattia nel liquido spinale o nel cervello; prima che il malato ne avverta i sintomi. Questo vuol dire che grazie a un semplice prelievo ematico sarà possibile diagnosticare la malattia prima che questa si manifesti.
I 12 fattori di rischio dell’Alzheimer
In attesa che gli studiosi scoprano i marcatori plasmatici giusti per diagnosticare precocemente la malattia di Alzheimer e che il test sia a disposizione della massa, possiamo concentrarci sulla prevenzione attraverso l’assunzione specifica di determinati comportamenti. Vediamo, allora, quelli che sono i 12 fattori di rischio Alzheimer:
- Obesità
- Ipertensione
- Traumi cranici
- Diabete
- Depressione
- Ipoacusia
- Sedentarietà
- Fumo di sigaretta
- Eccessivo consumo di alcool
- Pochi contatti sociali
- Scarsa istruzione
- Inquinamento atmosferico
In copertina foto di Vlad Sargu su Unsplash