No, no, non stiamo parlando di triccabballacche, scetavajasse e putipù, ma di suoni consonantici del dialetto napoletano!
Una caratteristica peculiare del napoletano riguarda la consonante z.
Essa risulta dall’incontro di t+s o di d+s, dando luogo in italiano a un suono sordo (“pozzo”) o sonoro (“azoto”, “zanzara”).
In napoletano la z sonora è poco usata (nelle parole uguali in italiano: ’a zebra, ’a zanzara). Molto più usata è la z sorda, anche quando non è rafforzata: noi diciamo ’o zio, ’a zappa con una z sorda e scempia che non troviamo nell’italiano standard, dove la z sorda o la troviamo raddoppiata (“razza”, “pozzo”) o tendiamo a rafforzarla nella pronuncia (“azione”).
A volte poi noi napoletani, quando ci esprimiamo in italiano, erroneamente pronunciamo “zio” e “zucchero” con la z sonora di “zanzara”: in realtà queste due parole italiane vanno invece pronunciate con la z sorda!
Un altro suono tipico del napoletano, che non c’è in italiano, è il suono sc (“scivolo”) pronunciato senza rafforzamento, lieve lieve, come una c pigramente strascicata (mentre in italiano esso è sempre forte, lungo, come raddoppiato).
I linguisti lo indicano col simbolo ∫.
Quindi ’a sciorta, ’o sciummo, ’o sciato si pronunciano a ∫orta, o ∫ummo, o ∫ato.
Tende fortemente a questo suono anche la c seguita da e o da i e preceduta da una vocale: ad esempio ’a céra è pronunciata a ∫era. Ma lo stesso suono, quando è raddoppiato, diventa una doppia c : ’a cepolla / ’e ccepolle, ’a cinquina / ’e ccinquine.
Il suono ∫ pronunciato lieve ce l’hanno anche i toscani, e per averne un’idea precisa basta ascoltare Benigni quando recita il famosissimo verso di Dante “la bocca mi basciò tutto tremante”.
Il suono sc è raddoppiato come gli altri suoni in alcune parole (’o scemo, ’a sciorda, ’a scella) e dopo alcune parole (l’articolo fem. pl. ’e, la voce verbale è ed altre che non stiamo qui ad elencare). Naturalmente non possiamo scrivere scsc, per cui il raddoppiamento stavolta è pronunziato ma non scritto.
Anche la s seguita da consonante si pronuncia in certi casi ∫, precisamente quando è davanti a p, b, m, f, v, c e g col suono di “cane” e “gatto”: sposa, sbaglio, smania, sfottere, svità, scuraggià, sguessera si pronunciano con l’iniziale di “scivolo”, magari un po’ sonora davanti alle sonore (sb, sg, sm, sv).
Invece quando la s si trova davanti a t e a d si pronuncia proprio come s.
Questo non sanno i non napoletani, che a volte volendo pronunciare parole come stanza dicono ∫tanza (errore che commetteva anche Fabrizio De André nella canzone “Don Raffaè”, ma a lui lo abbiamo perdonato volentieri perché per noi la sua incursione nel nostro dialetto era solo un onore!).
Chi ha scritto in una pubblicità “Lievet’ o’ sfizio”, ha giustamente scritto sfizio, che però si pronunzia con il suono ∫; piuttosto, come avrete notato, ha sbagliato a mettere l’apice, che andava a sinistra, e non a destra dell’articolo: Lievete ’o sfizio!
La foto è di Luigi Sperandeo.