La vicenda di Corrado Pesce, alpinista disperso in Patagonia, ci fa chiedere quali siano i pericoli della montagna ma soprattutto capire quali enormi difficoltà ci siano nella gestione dei soccorsi.
Alpinista disperso in Patagonia, cos’è successo?
Corrado Pesce era un grande amante della montagna ma soprattutto un esperto alpinista. Nato a Novara quarantuno anni fa, Corrado Pesce (diversi anni fa) lascia la sua città natale per lavoraro come guida alpinista a Chamonix in Svizzera. Con il collega argentino Tomas Aguilo stava scalando sul Cerro Torre, a oltre 3 mila metri di quota. L’incidente è avvenuto lungo la parete Est, in una zona pericolosissima e soggetta a continue valanghe, dopo aver conquistato la vetta del monte, a quota 3.128 metri sulle Ande Argentine. Pesce e il compagno sono stati travolti nel corso della notte da una scarica di neve e di pietre. Aguiló è riuscito a calarsi lentamente in corda doppia, andando incontro alle squadre di soccorso, dopo aver lasciato l’amico italiano, ferito in modo grave e impossibilitato a muoversi, in un piccolo rifugio sulla parete, noto come ‘box degli Inglesi’.
La ricerca del corpo
I soccorsi sono partiti il prima possibile e stando alle parole del medico Carolina Codó: ”abbiamo potuto ingrandire le immagini di un drone volato venerdì mattina nella zona dell’incidente. Si vede il corpo di Pesce scivolato 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte con un compagno argentino. A quell’altezza, e senza protezione adeguata, la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore“
Le ricerche non si fermeranno
Localizzato il corpo, il consolato italiano in Argentina sta lavorando per recuperare Corrado. Il console generale italiano a Bahía Blanca, Samuele Fazzi, ha assicurato che “come ambasciata e consolato abbiamo avuto assicurazioni che le operazioni per raggiungere Corrado Pesce sulla parete del Cerro Torre continueranno comunque nelle prossime ore. Siamo coscienti – ha sottolineato – delle condizioni difficilissime in cui l’alpinista si trova e dei danni fisici che ha subito l’italiano, ma è escluso che si debba gettare la spugna prima di poter verificare materialmente le sue condizioni. Insomma, non si deve abbandonare quell’ultima speranza di vita che potrebbe ancora esistere“.
Le difficoltà nei soccorsi
Ai lavori di soccorso partecipano non solo le persone del luogo ma anche molti alpinisti stranieri. Le operazioni, però, non sono per nulla semplici essendo la zona del Cerro Torre molto pericolosa.
Codó ha spiegato che prima di una spedizione di soccorso bisognerà verificare “dove esattamente si trova il corpo, che potrebbe essersi spostato da dove è stato visto venerdì a quota 1.800 metri. Bisogna anche verificare i rischi letali che potrebbero correre i soccorritori, visto che le alte temperature estive e i forti venti potrebbero mettere a rischio la loro sicurezza“.