L’alluvione in Emilia Romagna dei giorni scorsi mette prepotentemente sotto i nostri occhi il perverso legame esistente tra incuria del territorio e cambiamento climatico. L’evento ha interessato la zona sud-est della regione, dalla provincia di Bologna a quella di Ravenna e causato la morte di due persone e l’evacuazione di altre 500. Venticinque anni fa, di questi tempi, un’altra notte simile portò morte e distruzione a Sarno, in provincia di Salerno.
Alluvione in Emilia Romagna: quali cause
Quali sono state le cause dell’alluvione? In apertura dicevamo come in questa vicenda si siano uniti incuria del territorio e cambiamenti climatici. L’esondazione dei fiumi ha certamente evidenziato una falla nella messa in sicurezza degli argini. D’altro canto in sole 24 ore sono caduti 200 mm di pioggia, il quantitativo di due mesi. I corsi d’acqua che fino ad allora erano in secca hanno raggiunto un livello di 10 metri superiore a quello abituale. Un’abbondanza che non è data solo dalle forti piogge tipiche della primavera ma anche dallo scioglimento dei ghiacciai locali. Parte delle acque venivano dallo scioglimento delle nevi dell’appennino emiliano. A peggiorare il quadro ha contribuito la siccità che dallo scorso anno è un problema serio nella zona. Il terreno arido non è in grado di drenare adeguatamente l’acqua che cade e di cui avverte la penuria. La combinazione di questi fattori avrebbe causato un evento di tale portata e gravità.
25 anni dall’alluvione di Sarno e Quindici
L’alluvione dell’Emilia è capitato a ridosso dell’anniversario di un evento molto simile accaduto 25 anni fa: il disastro di Sarno e Quindici. Il 6 maggio del 1998 il paese di Sarno, in provincia di Salerno, si svegliò ricoperta di fango. Nei giorni precedenti forti piogge (circa 400 mm) erano cadute nella zona andando a ingrossare i regi lagni: strutture di contenimento delle acque risalenti al periodo borbonico. L’intasamento di queste strutture trattenne l’acqua piovana che andò a infiltrarsi in un terreno, come quello della zona, di conformazione geologica delicata. Ne conseguì il distacco di alcune frane già nella giornata precedente, il 5 maggio nel primo pomeriggio. Da allora fu un susseguirsi di eventi franosi sempre più gravi. Il peggio accadde di notte. Quel pomeriggio solo una piccola parte della popolazione del luogo si mise al riparo come poté, senza alcun aiuto da parte delle istituzioni che evidentemente non capirono subito la gravità dell’evento. A quel tempo non vi erano i social e la comunicazione viaggiava a una velocità molto minore. L’entità di quanto stava avvenendo fu visibile solo la mattina seguente quando ai soccorritori apparvero la montagna sfregiata e il mare di fango che aveva seppellito un’intera frazione (Episcopio).
Il più grande disastro degli ultimi cinquant’anni
Sui comuni di Quindici, Bracigliano, Siano, San Felice a Cancello, Sarno e altri centri del salernitano e del napoletano erano cadute oltre 140 frane che avevano riversato più di 2 milioni di metri cubi di fango e detriti. Le vittime furono 160 di cui 137 solo a Sarno. Lo stato di emergenza per Sarno fu dichiarato il 9 maggio.
L’alluvione di Sarno è considerato il più grave disastro idrogeologico ad aver colpito l’Italia negli ultimi 50 anni, dopo il Vajont nel 1963 e Stava nel 1985.