“La filiera del grano duro è finanziariamente sostenuta dalle rivendite agricole. Questa situazione non è sopportabile e rischia di far saltare l’intero sistema”. E’ questa la dichiarazione shock di Fabio Manara, presidente della federazione nazionale delle rivendite agricole Compag, fatta in occasione dei Durum Days, l’appuntamento annuale che riunisce i maggiori attori della filiera al fine di stimolare il confronto e aumentare la trasparenza informativa del mercato. La dichiarazione lancia un forte allarme per la filiera del grano duro.
Come funziona la filiera del grano duro
Si ignora infatti che le rivendite agrarie, che identificano in un certo modo l’anima commerciale del mondo agricolo per la loro doppia funzione, ovvero quella di rifornire le aziende agricole di mezzi tecnici e quella di raccogliere/gestire/immettere sul mercato i cereali da esse prodotti, fanno credito alle aziende agricole fino a che queste, solo una volta venduti loro i raccolti all’industria molitoria/pastaria, saldano quanto anticipato dalle rivendite per l’acquisto dei mezzi tecnici e del necessario per la semina. Tipo una banca, insomma, sebbene le rivendite agrarie banche non siano, e debbano al contrario pagare i fornitori, ovvero le industrie dei mezzi tecnici, dei sementi e dei diserbanti, con una calendarizzazione ben più contratta.
“Quest’anno più che mai, aggravato dall’emergenza sanitaria” continua Manara “il sistema logistico rappresentato dalle rivendite agrarie sta scricchiolando sotto questo assurda funzione creditizia che gli si impone: le aziende agricole hanno scarsa liquidità e praticamente nessuna possibilità di accesso al credito. Le rivendite devono attendere intere stagionalità prima di rientrare dei costi anticipati”. Che sia il caso di considerare delle operazioni di sgravio?
Agricoltura e Coronavirus
Ma non è tutto, perché in tempo di Covid le rivendite agrarie sono state fortemente penalizzate anche nell’altra loro attività, ovvero quella della commercializzazione del frumento che, come detto sopra, viene raccolto nei centri di stoccaggio per poi essere distribuito sul mercato e ripartito tra le industrie per i vari utilizzi. “Questa emergenza sanitaria ha sgretolato in un mese quello che il libero scambio delle merci tra i vari paesi pareva aver costruito” dichiara Manara. “Il blocco delle frontiere, così come quello tra regione e regione, ha impedito i rifornimenti, mettendo paesi importatori come l’Italia in grave rischio di indisponibilità di generi alimentari”. Fortuna ha voluto che gli stock mondiali (così come quelli italiani) siano riusciti in questi mesi a soddisfare il fabbisogno globale, ma viene automatica la riflessione sull’importanza di garantirsi un minimo di autosufficienza in prodotti agroalimentari. Valutazione, per Compag, da tenere in seria considerazione.