4 Settembre 1947. Jackson Pollock scrive alla madre Stella scusandosi di non poterle restituire il grande telaio da ricamo perché utilizzato per la creazione di una nuova opera, a cui successivamente sarà dato il nome di Alchimia. Sempre nel 1947 le celebri foto di Herbert Matter ritraggono Pollock a lavoro nello studio di Long Island con “Alchimia” fissata al telaio da ricamo poggiato sul pavimento. Quel modo di lavorare a terra, a diretto contatto con il pavimento, segnerà la nascita della tecnica del “dripping” (letteralmente “sgocciolamento”).
14 febbraio 2015. Dopo oltre un anno di assenza e dopo essere stato oggetto di un importante progetto di studio e conservazione presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze “Alchimia” torna alla Collezione Peggy Guggenheim, a cui appartiene, perno centrale della mostra scientifica Alchimia di Jackson Pollock. Viaggio all’interno della materia (14 febbraio – 6 aprile 2015), a cura di Luciano Pensabene Buemi, Conservatore del museo veneziano, e Roberto Bellucci, Funzionario Restauratore Conservatore Opificio delle Pietre Dure, Firenze.
“Alchimia di Jackson Pollock. Viaggio all’interno della materia” è la prima mostra di un articolato progetto espositivo con cui la Collezione Peggy Guggenheim rende omaggio ai fratelli Pollock. Seguirà infatti, dal 23 aprile al 14 settembre 2015, un doppio tributo a Jackson e al fratello maggiore Charles, con le mostre Jackson Pollock, Murale. Energia resa visibile e Charles Pollock: una retrospettiva. L’intero progetto gode del patrocinio della Missione Diplomatica Statunitense in Italia e del prezioso sostegno della Pollock-Krasner Foundation.
La mostra svela allo spettatore l’esplosione dei colori ritrovati dopo il lungo intervento di pulitura, in una sorprendente riscoperta della celeberrima opera, che viene eccezionalmente esposta, durante il corso dell’esposizione, senza teca protettiva in modo da offrire l’esatta lettura della sua complessa superficie tridimensionale. Il percorso espositivo guida il visitatore in un viaggio unico e affascinante all’interno del dipinto, della tecnica esecutiva, dell’intervento di restauro, grazie anche a un coinvolgente allestimento multimediale. Video, riproduzioni in 3D, touch-screen, strumenti interattivi, nonché documentazioni e oggetti storici provenienti dalla Pollock-Krasner House and Study Center di Long Island rendono fruibile in modo dettagliato l’opera dell’artista, in tutta la sua matericità e nella sua ampia palette di 19 colori. A seguito di questo esaustivo studio e dell’intervento di pulitura, illustrato anche da un filmato realizzato dalla web Tv del Consiglio Nazionale delle Ricerche, la mostra presenta inedite informazioni su Pollock e sul suo dipinto, rivelando la personalità di un artista che ha combinato materiali e metodi di applicazione tradizionali con tecniche totalmente anti-convenzionali.
In passato questo capolavoro poteva sembrare essere stato realizzato senza un piano preciso, attraverso schizzi e colate casuali, ma il lungo intervento di studio e conservazione ha permesso di scoprire un preciso ordine compositivo. È emerso un piano razionale nella stesura dei colori, un sistema di contrappunti e simmetrie, in cui le linee rette si bilanciano con quelle curve, i colori brillanti con i colori opachi, il nero con l’argento, il blu con il rosso. I sottili tratti bianchi riemersi dopo la pulitura disegnano una sorta di griglia, come se Pollock avesse avuto in mente fin dall’inizio l’architettura generale del dipinto, e avesse così diretto l’opera come fa un direttore d’orchestra con i suoi elementi. Concorda dunque il team coinvolto in questo importantissimo progetto che in un’opera così grande sarebbe stato impossibile ottenere tale risultato in modo del tutto incontrollato. È inoltre stato scoperto che la tela è stata realizzata con 4,6 chilogrammi di materia pittorica, una quantità enorme se paragonata a quella utilizzata per i dipinti antichi e rinascimentali delle stesse dimensioni, che ne contengono in media tra i 200 e 300 grammi.
L’esposizione costituisce il primo, importante risultato di un più ampio progetto di studio e conservazione dedicato a dieci opere di Jackson Pollock, realizzate tra il 1942 e il 1947, oggi di proprietà Collezione Peggy Guggenheim. Le tele vennero acquisite dalla stessa Peggy Guggenheim, mecenate dell’artista americano, che espose nella propria galleria newyorkese Art of This Century nel corso degli anni ’40. Nell’insieme le dieci opere rappresentano un momento cruciale nel lavoro di Pollock, ovvero il passaggio da un linguaggio pittorico relativamente tradizionale e figurativo/astratto, a quella tecnica distintiva di versare, schizzare e sgocciolare la pittura sulla tela stesa a terra. Nell’ambito di questo progetto Alchimia è stata trasferita lo scorso dicembre nel Laboratorio Dipinti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, per un attento studio analitico e intervento di conservazione. Qui, nel corso del 2014, è stato esaminato ogni aspetto tecnico del dipinto da un team di oltre cinquanta persone, tra studiosi, scienziati e conservatori, provenienti da diversi istituti scientifici italiani impegnati nel campo della conservazione dei beni culturali, che ha lavorato incessantemente sull’opera, con l’entusiasmo di chi per la prima volta si avvicina a un capolavoro d’arte moderna del ‘900 di queste dimensioni.
L’opera è stata sottoposta in seguito a un meticoloso intervento di pulitura, particolarmente complesso a causa della ricca e stratificata superficie pittorica, costituita da smalti, resine alchidiche, colori a olio, sabbia e sassolini, il tutto combinato in un impasto denso, fatto di grumi di pittura, schizzi e sgocciolamenti. La pulitura è stata necessaria per rimuovere lo strato di sporco accumulato negli anni, che aveva compromesso la leggibilità del quadro, opacizzando i colori e diminuendo lo spazio tridimensionale creato dalla tecnica innovativa di Pollock.
Il progetto di ricerca, il primo in assoluto in Italia, è stato reso possibile grazie alla costituzione di un gruppo scientifico di assoluto rilievo, coordinato dai dipartimenti di conservazione della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia e del Museo Solomon R. Guggenheim di New York in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, con il prezioso apporto del CNR-ISTM e del Centro di eccellenza SMAArt dell’Università di Perugia, del CNR-INO e dell’INFN dell’Università di Firenze, del Visual Computing Lab del CNR-ISTI di Pisa, del Dipartimento di Chimica dell’Università di Torino. Il progetto ha coinvolto inoltre scienziati, conservatori e curatori americani che hanno già svolto ricerche sulle tecniche di Pollock. L’intervento è stato eseguito da Luciano Pensabene Buemi, Conservatore della Collezione Peggy Guggenheim in collaborazione con Francesca Bettini, restauratore Settore Dipinti dell’Opificio delle Pietre Dure. Fondamentale il contributo di Carol Stringari Deputy-director e Chief Conservator della Fondazione Guggenheim di New York, e di Gillian Mc Millan, Associate Chief Conservator for the Collection, Museo Guggenheim, così come quello, altrettanto prezioso, del Laboratorio Dipinti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Con il patrocinio della Regione del Veneto, Alchimia di Jackson Pollock. Viaggio all’interno della materia beneficia del supporto di Intrapresae Collezione Guggenheim, della Private Bank BSI e di Enel. Nec Display Solutions Italia è main sponsor dell’esposizione e Océ- A Canon Company è sponsor tecnico. Si ringraziano inoltre Apice, “Corriere della Sera”, Hangar Design Group. I progetti educativi dell’esposizione sono realizzati con il sostegno della Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.