Roma. Stazione Ferroviaria Valle Aurelia. Ore 21. Due ragazzi si baciano e dalla banchina si levano delle grida che dicono: “Che fate? Non vi vergognate?“. Poi un uomo ha attraversato i binari e ha iniziato a picchiare uno dei ragazzi. La vittima risponde al nome di Jean Pierre Moreno ed è un attivista per i diritti gay. Il suo aggressore è stato poi individuato e arrestato. Intanto, il video che ha ripreso l’episodio, in poche ore, è diventato virale scatenando un caso politico. Le aggressioni alle coppie gay in Italia ripropongono l’interrogativo sulla legge Zan.
La Legge Zan
La proposta di legge sulle «Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» che porta il nome del deputato PD Alessandro Zan, infatti, è stata approvata dalla Camera dei Deputati lo scorso 4 novembre e passata all’approvazione del Senato dove si è arenata. La proposta di legge mira a equiparare le aggressioni omofobe a quelle basate sull’odio razziale. Se sarà approvata, infatti, l’art. 604 bis del codice penale punirà non solo le discriminazioni fondate sulla razza, sull’etnia e sulla religione, ma anche quelle fondate sul sesso, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
Cosa prevede la proposta di legge
Nello specifico la proposta prevede la reclusione:
- fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro, per coloro che istigano a commettere o commettono atti discriminatori fondati sull’omofobia;
- da 6 mesi a 4 anni per istigazione alla violenza o atti di provocazione basati sull’omofobia;
- da 6 mesi a 4 anni per chiunque prenda parte o sostenga organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza collegabile all’omofobia.
Aggressioni a coppie gay: gli ostacoli alla legge in Italia
Le nuove fattispecie penali prevedono la punibilità anche per gli atteggiamenti d’istigazione. In una visione di pluralità di opinioni come quella in cui viviamo, punire delle affermazioni di dissenso verso certi comportamenti, può significare introdurre un reato di pensiero. Come evitare una deriva anticostituzionale? La Commissione per gli Affari Costituzionali ha invitato a precisare che il libero pensiero è tollerato, secondo quanto stabilito dall’art. 3 della nostra Costituzione, nella misura in cui non istighi all’odio o alla violenza. Pertanto la legge non impone l’accettazione di un qualcosa che non si condivide, bensì punisce chi, partendo da quel pensiero, mette in essere atteggiamenti e atti concreti di istigazione all’odio e alla violenza. Nonostante la precisazione doverosa, certa parte politica, vale a direi partiti di destra, continuano ad appigliarsi alla questione del reato di pensiero osteggiando l’iter legislativo della Legge Zan; parliamo di quegli stessi partiti che, quando accadono episodi come quello dello scorso mese, si sperticano in dichiarazioni di sdegno contro gli aggressori e di solidarietà per le vittime.