L’enfasi posta dai decisori europei nel dissuadere le persone provenienti dall’Afghanistan a cercare protezione in Europa lascia sgomenta Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, che invita i governi e l’UE ad adempiere al dovere morale e legale di garantire la sicurezza dei minori e delle famiglie afghane a rischio di persecuzione e di altre violazioni dei diritti umani e di assicurare loro protezione.
“Per anni l’Europa ha completamente fallito nel soddisfare i bisogni di protezione e sostegno dei minori migranti, compresi quelli non accompagnati. Il risultato è stata una risposta umanitaria caotica, la violazione dei diritti dei più piccoli e una crisi politica nell’UE. L’Europa non può continuare a commettere gli stessi errori: deve garantire che i bambini e gli adolescenti in fuga dall’Afghanistan possano chiedere assistenza, asilo e vedano rispettati i propri diritti. I paesi europei dovrebbero emettere con urgenza nuove linee guida per gli afghani a rischio, riconoscendo il drammatico cambiamento nella situazione in Afghanistan, in particolare per donne, ragazze, bambini, adolescenti e persone LGBTQI+. Tutte le domande di asilo avanzate da cittadini afghani e respinte e gli ordini di espulsione devono essere rivisti alla luce della presa del potere del Paese da parte dei Talebani[2]”, ha affermato Anita Bay, Direttrice di Save the Children Europe.
Il sostegno promesso dalla presidente Von der Leyen ai paesi vicini all’Afghanistan, che ospitano la stragrande maggioranza dei rifugiati dal Paese, è benvenuto[3], così come la volontà dei governi europei di reinsediare alcuni afgani. Tuttavia, questa disponibilità non dovrebbe essere limitata a coloro che hanno collaborato con le forze militari e deve includere i rifugiati vulnerabili nei paesi vicini dell’Afghanistan.
“In nessun caso, tuttavia, il reinsediamento dovrebbe essere utilizzato per giustificare dure misure di deterrenza ai confini dell’Europa”, ha aggiunto Anita Bay, sottolineando che il ricorso agli aiuti umanitari per spingere i paesi a impedire ai rifugiati di recarsi in Europa è immorale e mina gli obblighi degli Stati europei ai sensi del diritto internazionale dei rifugiati. Inoltre, tale politica non riconoscerebbe adeguatamente l’impegno di tali Paesi per ospitare milioni di rifugiati già prima dell’escalation e rispondere alla situazione talvolta complessa dei rifugiati accolti.
“L’Europa ha le risorse e le capacità per aiutare le persone che arrivano ai suoi confini dall’Afghanistan e offrire protezione a coloro che ne hanno bisogno”, ha dichiarato Bay. “Ciò che serve è una leadership forte per passare dalla deterrenza all’accoglienza. Le violenze che centinaia di bambini e famiglie hanno subito alle frontiere dell’UE negli ultimi anni sono inaccettabili”.
L’accresciuto controllo delle frontiere ha portato alla creazione di colli di bottiglia in prossimità dei confini dei paesi balcanici, con migliaia di minori e adulti che cercano disperatamente di attraversarli, andando incontro a respingimenti violenti e illegali.
“L’esternalizzazione delle responsabilità deve cessare. Questo approccio ha già creato un limbo legale per migliaia di rifugiati, compresi i minori non accompagnati, sulle isole greche”, ha affermato Vasilis Papastergiou del Greek Council for Refugees, con cui Save the Children ha collaborato per assistere i minori migranti in Grecia. “Non possono far esaminare le loro richieste di asilo e la Turchia non li accetta indietro per cercare protezione internazionale lì. Gli afghani che arrivano in Europa e chiedono asilo – com’è loro diritto – devono vedere i loro casi esaminati nel merito individuale”[4].
Save the Children è un’organizzazione indipendente, imparziale e politicamente neutrale che opera in Afghanistan dal 1976 per fornire servizi salvavita ai bambini e alle loro famiglie in tutto il Paese, ma ha dovuto sospendere temporaneamente le attività. L’Organizzazione ha fornito servizi di salute, istruzione, protezione dell’infanzia, nutrizione e mezzi di sussistenza, raggiungendo oltre 1,6 milioni di afgani nel 2020.