Sonno e cibo on-demand in un anno pericolosamente “disordinato”. Voglia di scuola “a scuola”, ma la didattica a distanza non è da buttar via completamente. Diminuiti i consumi di alcol, ma c’è il rischio di un “rimbalzo” con le riaperture senza vincoli? E comunque tanta voglia di riprendersi la vita e ricominciare soprattutto a viaggiare.
È questa la prima fotografia che emerge dall’edizione 2021 dell’indagine sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD su un campione nazionale rappresentativo di oltre 10500 studenti di età compresa tra i 13 e i 19 anni.
“L’indagine di quest’anno – sottolinea Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – mette in evidenza significativi cambiamenti, nel bene e nel male, nei comportamenti degli adolescenti, ma anche nella loro visione strategica riguardo il futuro. A questo punto sarà importante capire se “l’effetto Covid” sarà superato come una spiacevole parentesi o lascerà il segno in una generazione che, sia pure non dal punto di vista sanitario, ha subito moltissimo le privazioni sociali imposte dalla pandemia. Gli adolescenti saranno resilienti, per utilizzare un termine ormai abusato, o si porteranno dietro le cicatrici di questa esperienza che ha di fatto sospeso un processo evolutivo ed esperienziale che a quell’età è fondamentale? Dipenderà da loro ma anche, moltissimo, da noi. Da noi “società” in generale, ma soprattutto da tutti coloro che per motivi personali o professionali sono a più stretto contatto con l’adolescenza. Pensiamo che l’ormai ventennale osservatorio sull’adolescenza di Laboratorio Adolescenza e IARD, con il suo vastissimo patrimonio di dati, possa essere un utile strumento di riflessione e analisi”.
“I dati e le analisi prodotte da questo rapporto di ricerca – afferma Paolo Paroni, Presidente di Rete ITER-Istituto IARD – sono un punto di partenza importante per progettare interventi e politiche finalizzati a garantire alle nuove generazioni un contesto sociale in cui vivere adeguato alle loro esigenze e ai loro obiettivi futuri. Proprio nello spirito con cui Rete ITER, con Laboratorio Adolescenza ed altre organizzazioni che si occupano di adolescenza, ha di recente varato il manifesto programmatico “Prima il Futuro. Prima i Giovani” che propone interventi concreti e misurabili a favore dei giovani, da realizzare anche sfruttando i fondi che proverranno dal Recovery Fund”.
Che l’indagine abbia coinvolto oltre 10500 studenti in tutta Italia – commenta Carlo Buzzi, sociologo dell’Università di Trento e coordinatore scientifico del lavoro – è un risultato straordinario da descrivere come un fenomeno a prescindere dal contenuto delle risposte. Molte scuole si sono reciprocamente sollecitate a partecipare attraverso un passaparola diretto e molte altre, venute a conoscenza dell’iniziativa, ci hanno contattato chiedendo di essere coinvolte. Naturalmente questa adesione spontanea non ha compromesso la rappresentatività del campione, sul quale abbiamo successivamente lavorato per riequilibrarlo secondo i parametri corretti, ma ha dimostrato una grande desiderio di partecipazione e, soprattutto, di dare modo agli studenti di raccontare, anche attraverso un questionario, il loro vissuto dopo un anno in cui l’adolescenza è stata troppo spesso lasciata ai margini.
Di seguito le principali evidenze emerse dall’indagine suddivise per argomento
Lo sdoganamento di social e smartphone H24, ma il cyberbullismo non aumenta
L’anno Covid – forse era inevitabile – ha reso sempre più invadente la presenza dei social network nella vita degli adolescenti e ulteriormente abbassato l’età in cui un bambino entra in possesso di uno smartphone e inizia la sua vita in rete.
Da un lato la necessità di mantenere un contatto – almeno a distanza – con gli amici e dall’altro un trend che appariva pericolosamente tracciato anche prima della pandemia ci mettono ora difronte ad un problema consistente. Le ore passate in rete, senza contare quelle della scuola a distanza, si sono moltiplicate. L’80% degli adolescenti ha affermato di aver utilizzato i social, nell’anno della pandemia, “più che in passato” e tra questi il 45% ha precisato “molto più che in passato”. E se fino a febbraio 2020 qualche genitore cercava di mettere delle regole e contenerne l’uso oggi – dopo mesi in cui la permanenza full time in rete è stata sdoganata se non addirittura promossa dagli stessi genitori (“almeno fa qualcosa”) sarà molto difficile tornare indietro. Come sarà difficile che quel 76,5% di adolescenti che non spegne il cellulare neanche di notte (era il 59,1% nel 2019) cominci a farlo adesso.
L’overdose di social non sembra però aver incrementato i fenomeni di cyberbullismo. Se il 74% sostiene che su questo fronte nulla è cambiato, né in meglio né in peggio, per un 6,4% che parla di episodi aumentati all’interno delle proprie frequentazioni amicali c’è un 17% che segnala una diminuzione.
Situazione assolutamente verosimile se si considera che gli episodi di cyberbullismo adolescenziale si sviluppano sul web, che fa da amplificatore, ma hanno spessissimo origine in contesti reali (scuola, sport ecc.). Essendo, con la pandemia, venuti a mancare o comunque essendosi ridotte moltissimo le occasioni di frequentazione e contatto, è anche venuta a mancare molta ‘”materia prima” da rendere virale in rete.
I social-baby
Il fenomeno che appare più insidioso, relativamente all’uso di telefonino e social, è quello della sempre maggiore precocizzazione.
Nel 2019 aveva lo smartphone a meno di 11 anni il 60,4% degli adolescenti (era il 40,9% nel 2016), ed oggi la percentuale è salita al 78,1%. Discorso analogo per l’utilizzo di social da parte degli under 11: 20,5% nel 2016; 34,5% nel 2019; 41,8 nel 2021. E il confronto con le risposte date dagli studenti delle scuole superiori (vedi tabella) dimostra quanto il fenomeno di questa pericolosa precocizzazione sia recente.
A quanti anni hai avuto lo smartphone?
2016Scuole medie | 2019Scuole medie | 2021Scuole medie | 2021Scuole superiori | |
Meno di 11 | 40,9% | 60,4% | 78,1% | 51,4% |
11-13 | 52,0% | 34,6% | 15,6% | 37,1% |
Dopo i 13 | 3,9% | 2,9% | 2,5% | 11,3% |
Non ho smartphone | 1,7% | 0,7% | 3,2% | 0,3% |
A quanti anni hai iniziato ad utilizzare i social network?
2016Scuole medie | 2019Scuole medie | 2021Scuole medie | 2021Scuole superiori | |
Meno di 11 | 20,5% | 34,5% | 41,8% | 18,9% |
11-13 | 62,7% | 55,1% | 41,7% | 43,1% |
Dopo i 13 | 12,3% | 7,6% | 8,2% | 36,1% |
Non utilizzo social network | 3,5% | 0,8% | 7,9% | 1,5% |
E tra i social più trendy il famigerato TikTok – che a rigor di legge dovrebbe essere utilizzato solo dopo i 13 anni (come la maggior parte dei social) – è passato in un anno da un utilizzo da parte del 28,7% del campione (indagine 2020) al 65% (indagine 2021), con le ragazze che arrivano al 73,8%.
Se Facebook continua la sua inesorabile discesa tra i “teen” (ormai lo utilizza meno del 15%) rimane stabile Instagram (90% di utilizzo) e cresce Pinterest, che passa dal 25 al 42%, ma con una utenza prevalentemente femminile e più adulta (59% delle femmine prevalentemente delle scuole superiori). Riguardo whatsapp si conferma un utilizzo pressoché universale (oltre il 98%).
Se oggi appare utopico pensare di poter invertire la tendenza – commenta Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – dovremmo almeno cercare di gestire il fenomeno insegnando a ragazze e ragazzi quantomeno a riconoscere e limitare i rischi. Non è semplice anche perché la velocità con cui i nuovi social, con caratteristiche di potenzialità e attrattività sempre crescente, entrano ed escono dalla vita degli adolescenti è molto maggiore rispetto alla capacità degli adulti anche solo di capire di cosa si sta parlando.
La “scuola” a scuola, ma la Dad non è tutta da buttare
La difficoltà a seguire le lezioni a distanza (a prescindere dalle difficoltà di tipo tecnico) è stato il problema più segnalato dagli studenti (47% negli istituti tecnici e professionali, 42,7% nei licei e 37,2% nelle scuole medie inferiori). Al secondo posto la mancanza dei compagni e a seguire, con percentuali intorno al 15%, sono state segnalate le difficoltà tecniche e la mancanza del contatto diretto con gli insegnanti.
Interessante osservare che le difficoltà tecniche erano state segnalate dal 56% degli studenti in un analogo rilevamento effettuato da Laboratorio Adolescenza nell’aprile-maggio 2020, in pieno lockdown. Segno evidente che, passata la prima emergenza a cui si è fatto fronte in modo inevitabilmente improvvisato e confuso, la scuola è riuscita ad organizzarsi in modo tutto sommato efficace, almeno nella gestione degli aspetti tecnici. Così come la scuola online ha avuto una funzione di straordinaria importanza, proprio nel primo lockdown, nell’essere riuscita comunque a mantenere una sorta di agenda nella programmazione temporale della giornata, che ha aiutato moltissimo ragazze e ragazzi a vivere accettabilmente una situazione imprevedibile e sconcertante.
Della Dad, con tutti i suoi limiti, gli studenti hanno però anche segnalato dei punti a favore. Se si esclude l’aspetto della comodità (minor perdita di tempo negli spostamenti, indicato dal 57% degli studenti delle superiori e dal 38% degli studenti delle medie inferiori la cui scuola è generalmente più vicina a casa), circa un quinto del campione (un terzo se ci riferiamo solo alle scuole medie inferiori) ha indicato la maggiore autonomia nei tempi di studio e un ulteriore 20% ha indicato la maggiore responsabilizzazione nello studio o il modo complessivamente più moderno di studiare.
Ma il giorno – si spera presto – in cui si riuscirà a tornare alla normalità che ne faremo della Dad? Se il 40% degli studenti delle superiori e il 47% delle medie afferma nettamente che deve essere messa in soffitta, il 40% (che ai licei raggiunge il 45%) sostiene che sarebbe interessante integrare la normale attività scolastica con qualche attività online. Fino ad arrivare ad un 12% che gradirebbe mantenere online un’attività prevalente. Se in quest’ultimo gruppo si nasconde probabilmente qualche disagio che non ha necessariamente a che fare con la scuola, il dato complessivo merita una valutazione attenta. Soprattutto se si confronta con le risposte date dagli studenti nell’indagine realizzata durante il lockdown: la percentuale di studenti che NON vorrebbe più utilizzare, nemmeno in modo complementare, la didattica a distanza scende, da maggio 2020 a maggio 2021, di un 10% netto.
“Abbiamo inventato la Dad in pochi giorni partendo da zero – commenta Lucia Azzolina, Ministro dell’Istruzione ai tempi del lockdown e fino allo scorso marzo. Uno strumento d’emergenza che nella prima fase di pandemia ha mantenuto aperto il canale tra studenti e docenti. Il sistema della didattica a distanza è stato poi potenziato e messo a punto per l’anno scolastico in corso con gli evidenti buoni risultati che gli stessi studenti hanno registrato. Ma non dobbiamo fare l’errore di confondere la digitalizzazione – che in questi mesi è cresciuta e dobbiamo continuare ad incentivare come componente essenziale della didattica del futuro – con la Dad: la scuola si fa in presenza e non a distanza”.
Sulla convinzione che la scuola debba essere “fatta a scuola” concorda Rocco Cafarelli, Dirigente scolastico e membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza che commenta: “La fatica e le difficoltà di concentrazione nel seguire per molte ore le lezioni online, e soprattutto da soli, indicata dagli studenti come il principale problema legato alla Dad, fa riscoprire il valore della relazione “dal vivo” con i compagni e i professori, nel processo di insegnamento-apprendimento. L’esperienza della Dad può essere un’ottima occasione da parte della scuola per “riscoprire” e valorizzare intelligentemente l’importanza della relazione educativa. L’atto educativo, di fatto, nasce e si sostanzia come evento eminentemente relazionale, che non può prescindere dallo scambio interpersonale”.
Sonno e cibo on-demand
Un anno possibilmente da dimenticare caratterizzato – nonostante la lunga permanenza forzata a casa e la conseguente riduzione di tante altre attività – da un complessivo “disordine”.
Disordine che ha riguardato il già non ottimale rapporto che gli adolescenti hanno con il cibo – ragazze e ragazzi “prigionieri” hanno mangiato più del solito (52,6%) e in modo più disordinato (53,6%) – ma soprattutto il sonno.
Se nel 2019 affermava di andare a letto dopo le 23.00 (in periodo scolastico) il 28% degli adolescenti, oggi la percentuale è salita al 43% e supera il 63% tra gli studenti delle scuole superiori. In realtà dal punto di vista meramente statistico non risulta che, nell’anno della pandemia, abbiano dormito molto meno del solito. Al 43,4% che ha affermato di aver dormito complessivamente meno del solito risponde, infatti, un consistente 35% che afferma di aver dormito di più. Il problema è stato la distribuzione – disordinata appunto – delle ore di sonno: molte meno di notte (quando si dovrebbe) e di più la mattina o nel corso della giornata. On-demand, appunto: dormo quando ho sonno.
“Un comportamento certamente non sano – sottolinea Marina Picca, membro del Consiglio direttivo di Laboratorio Adolescenza e Presidente della sezione Lombardia della Società Italiana di Cure Primarie Pediatriche – perché, specie in età adolescenziale, la qualità del sonno non dipende solo dal numero di ore, ma anche e soprattutto da un ordinato equilibrio tra momenti di riposo (la notte) e quelli di attività (il giorno). Oltretutto, e con la premessa fatta, se nel periodo passato è stato possibile recuperare qualche ora di sonno la mattina o nell’arco della giornata, con la ripresa delle normali attività scolastiche e sociali questo non sarà più possibile, e il rischio è che rimanga solo l’abitudine di ritardare di molto l’andata a letto serale”.
Consumo di alcol in calo. Rischio “rimbalzo” con la riapertura?
Un’evidenza per il momento positiva arriva dal consumo di alcol. Nel corso dell’anno pandemico la percentuale di adolescenti che afferma di aver bevuto più bevande alcoliche del solito (19,2%) è compensata dal 20,1% che afferma di averne bevute meno del solito. In sostanza, come sostiene la maggioranza del 58%, non c’è da registrare nessuna variazione. Ciò che invece è migliorato nettamente rispetto al recente passato è la percentuale di chi ha dichiarato di essersi ubriacato una o più volte. Riferendoci agli studenti delle scuole medie inferiori si passa dal 20,8% (dato 2017) e dal 22,3% (dato 2019) all’odierno 11,0% e, relativamente agli studenti delle superiori, si passa dal 51,1% (dato 2019) al 43,7% di oggi. Ubriacature legate non certo al bicchiere di vino o di birra consumato più o meno saltuariamente ai pasti, ma al bere in gruppo dove l’eccesso è indotto dagli amici o talvolta deliberatamente voluto.
Il dato sull’ubriacatura rilevato dall’indagine (ti sei ubriacato una o più volte) – è bene precisarlo – non è riferito esclusivamente all’ultimo anno, ma alla “storia” individuale, ragion per cui azzerando o quasi, causa pandemia, le occasioni di ubriacatura (una sorta di anno sabatico alcol free) si è osservato un calo significativo nella prevalenza del fenomeno. Se questa “moratoria” – sia pure forzata – la registriamo come un dato positivo, il timore è che, terminate le restrizioni, possa esserci una sorta di “rimbalzo” con consumi di alcol che schizzano verso l’alto.
Fulvio Scaparro, psicologo e psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza e referente per l’area psicologica di Laboratorio Adolescenza ipotizza, però, uno scenario non drammatico. “Sempre e ovunque al termine di un periodo di privazioni imposte si tende a festeggiare con qualche eccesso il ritorno alla libertà di fare ciò che più ci piace. Che finisca la Quaresima o il Ramadan, che si esca di prigione o da una lunga degenza in ospedale, l’occasione è propizia per festeggiare mangiando e/o bevendo più del necessario e l’alcol si presta particolarmente bene a enfatizzare questa euforia. Ma sono fenomeni che normalmente tendono velocemente a rientrare ai livelli precedenti il periodo delle “privazioni”. Come sempre si guarda con preoccupazione agli eccessi dei giovani conseguenti all’abuso di alcolici, come se non riguardassero anche le altre fasce di età, anche perché gli eccessi dei ragazzi e delle ragazze sono di solito più vistosi, ma non li considero una reazione abnorme. Basta leggere le cronache cittadine del 2019 per capire che gli eccessi segnalati nel 2021 sono solo in piccola parte causati dalla fine di pandemia e coprifuoco”.
Vaccinazioni: “la compliance peggiora”
Nessun riferimento alla vaccinazione contro il Covid – anche perché quando si è avviata l’indagine la vaccinazione under 18 non era in calendario – ma la riproposizione di una domanda che viene ciclicamente inserita nelle indagini annuali Laboratorio Adolescenza – IARD e che chiede agli adolescenti di manifestare il proprio accordo o disaccordo su alcune affermazioni che riguardano le vaccinazioni.
Rispetto all’ultima rilevazione del 2019 (vedi tabella) il feeling tra vaccinazioni e adolescenti sembra segnare un deterioramento.
Se da un lato cresce la consapevolezza del valore sociale della vaccinazione “Vaccinarsi è importante per sé stessi e per proteggere le persone che non possono vaccinarsi per motivi di salute”, dall’altro aumentano i sospetti “Alcune vaccinazioni sono pericolose” e diminuisce rispetto al 2019 – seppur rimane fortemente maggioritaria (intorno all’85%) – l’adesione al concetto generale di vaccinazione “È molto importante vaccinarsi e tutti dovrebbero farlo”.
Con quali delle seguenti affermazioni riguardo le vaccinazioni sei D’ACCORDO
2029femmine | 2019maschi | 2021scuole medie | 2021scuole sup. | 2021femmine | 2021maschi | |
È molto importante vaccinarsi e tutti dovrebbero farlo | 93,8% | 90,0% | 83,2% | 84,2% | 84,6% | 84,9% |
Le vaccinazioni sono inutili, meglio non farle | 2,7% | 6,7% | 5,8% | 5,3% | 4,1% | 6,3% |
Le vaccinazioni sono tutte sicure | 51,8% | 56,1% | 46,0% | 46,1% | 43,6% | 51,1% |
E’ meglio fare solo le vaccinazioni contro le malattie più gravi | 35,4% | 33,0% | 30,7% | 26,3% | 25,3% | 27,3% |
Alcune vaccinazioni sono pericolose | 43,5% | 39,5% | 54,3% | 51,2% | 52,0% | 48,7% |
Vaccinarsi è importante per se stessi e per proteggere le persone che non possono vaccinarsi per motivi di salute | 91,0% | 84,4% | 91,7% | 92,3% | 93,1% | 91,4% |
Ognuno dovrebbe avere il diritto di decidere se vaccinarsi oppure no (no obbligo) | 56,4% | 53,7% | 75,6% | 70,0% | 72,3% | 67,8% |
“L’adesione alla vaccinazione contro il Covid da parte degli adolescenti, che stiamo riscontrando sul campo in queste prime settimane in cui si è estesa la possibilità di vaccinarsi anche agli under 18, appare fortunatamente molto forte e sembrerebbe smentire preoccupazione e sospetti – commenta Gianni Bona, ordinario di pediatria, Presidente Onorario di Laboratorio Adolescenza e medico vaccinatore – ma è indubbio che tutto il parlare che si è fatto nei mesi scorsi sulle vaccinazioni, a volte un po’ confuso e contraddittorio, non ha giovato. Gli adolescenti stanno aderendo volentieri alla vaccinazione anti-Covid per garantirsi prima possibile una “libertà” tanto agognata in questi mesi, ma non dobbiamo trascurare il segnale generale emerso dall’indagine e dobbiamo cercare di ricostruire nel miglior modo possibile la fiducia nelle vaccinazioni in senso lato. Dobbiamo far comprendere alle nuove generazioni che la scienza si basa sulle evidenze che con il tempo possono anche far modificare scelte e strategie, ma mai viene messa a rischio la salute delle persone con azzardi e semplificazioni”
Voglia di viaggiare
Nel 2020 (indagine realizzata da Laboratorio Adolescenza in collaborazione con Intercultura) il 36% degli studenti delle scuole superiori avrebbe desiderato frequentare un anno di scuola all’estero. Dopo un comprensibile calo rilevato nell’indagine realizzata durante il lockdown (20%) il rimbalzo c’è stato ed oggi a voler fare questa esperienza è addirittura il 62% degli studenti delle scuole superiori.
E sta passando anche la “paura”. Se nel 2020, pensando ad un anno di studio all’estero, il timore di avere problemi di salute riguardava il 34% degli studenti intervistati, dopo il picco durante il lockdown (45,2%) si sta tornando alla normalità (40,7% dato 2021).
“La ricerca di Laboratorio Adolescenza – commenta Andrea Franzoi, Segretario Generale di Intercultura – conferma che anche nell’anno della pandemia migliaia di adolescenti non si sono lasciati condizionare dalla paura e dall’incertezza. Consapevoli dell’importanza di vivere esperienze di studio internazionali, più di 5.000 giovani studenti delle scuole superiori italiane nell’autunno 2020 (in piena seconda ondata) si sono iscritti al bando di concorso di Intercultura. Di questi 1.600 sono risultati vincitori, anche grazie alle centinaia di borse di studio messe a disposizione dalla nostra Associazione, e nei prossimi mesi partiranno per la loro esperienza di studio all’estero in oltre 50 diverse destinazioni in tutto il mondo. È un investimento sul futuro, per sviluppare quelle competenze interculturali che daranno loro una marcia in più nella vita e che, soprattutto, li renderà cittadini del mondo più consapevoli”.
Rapporti difficili, anche con sé stessi.
Se lockdown, coprifuoco e divieti di assembramento hanno inevitabilmente aumentato – in termini quantitativi – le ore trascorse in famiglia, questa convivenza forzata, spesso anche in spazi ridotti, non ha migliorato o facilitato i rapporti. A definire conflittuali o critici i rapporti familiari prima del Covid era il 23% degli adolescenti, mentre oggi la percentuale è salita al 25,4% e a soffrire di più sono risultate particolarmente le ragazze con il 28,3%.
Ma nemmeno la distanza forzata sembra aver avuto un effetto positivo. Anche le relazioni all’interno del gruppo dei pari hanno subito, sia pure in forma minore, un peggioramento. A definire insoddisfacenti o difficili i rapporti con gli amici era il 10,2% prima del Covid e oggi è il 14%. Ed anche in questo caso la criticità maggiore è segnalata dalle ragazze (16,5%).
E l’insoddisfazione risulta rivolta anche verso se stessi. A non piacersi (fisicamente) prima del Covid era il 39% e oggi è il 42,5% (ragazze 50,1%).
Non si meraviglia di queste evidenze Loredana Petrone, psicoterapeuta e docente della Facoltà di psicologia Università di Chieti: “Il conflitto con i genitori, a quell’età, è del tutto normale, e trova comunque un suo equilibrio nel modo in cui si sviluppano i rapporti. In una situazione del tutto nuova (e critica) come quella che abbiamo vissuto, le dinamiche familiari sono necessariamente cambiate, costringendo genitori e figli a trovare un nuovo equilibrio nel “conflitto” che può aver reso più critici i rapporti, magari anche solo nella percezione. Diverse, invece, le criticità emerse con il gruppo dei pari che verosimilmente sono frutto proprio della mancanza di contatto continuativo, anche fisico, fondamentale per sviluppare e mantenere forti le relazioni adolescenziali. Riguardo il “non piacersi” (comunque endemico in età adolescenziale) la pandemia certamente non ha favorito, anche psicologicamente, la cura del proprio corpo. Riduzione drastica dell’attività fisica, ma anche delle relazioni sociali, che a quell’età inducono ad una cura maggiore del proprio aspetto fisico, hanno creato le condizioni per “vedersi” più brutte o più brutti. Un chilo in più o una “ceretta” in meno hanno fatto la differenza”.