In merito al testo finale sui finanziamenti per il clima (NCQG) arrivato alla COP29, Teresa Anderson, Responsabile Globale per la Giustizia Climatica di ActionAid International, non ha usato mezzi termini: “Questo testo non vale la carta su cui è scritto”. La sua dichiarazione riflette il profondo disappunto rispetto ai risultati della COP29. Secondo Anderson, quasi nulla delle richieste avanzate dai paesi in prima linea nella crisi climatica è stato incluso nel testo finale.
Numeri gonfiati e prestiti ingannevoli
Teresa Anderson sottolinea come i numeri, a prima vista, possano sembrare superiori al precedente obiettivo dei 100 miliardi di dollari. Tuttavia, se si analizza in profondità, emerge che gran parte di questi fondi consiste in prestiti, piuttosto che in finanziamenti a fondo perduto. “Per gonfiare artificialmente i numeri con flussi di finanziamento già esistenti – spiega Anderson – si cerca di conteggiare tutto, ovunque e contemporaneamente, trasferendo il peso sui paesi a basso reddito”.
Mancanza di volontà politica
Un aspetto critico messo in luce è la mancanza di reale impegno da parte delle economie avanzate nel fornire sostegno finanziario concreto. “La COP29 – aggiunge Anderson – non ha lanciato un’azione climatica futura, ma ha invece reso necessario continuare a lottare per i finanziamenti in ogni negoziato futuro”.
Un accordo peggiore del passato
Anche Brandon Wu, Direttore delle Politiche e delle Campagne di ActionAid USA, ha espresso un giudizio severo. “Questa COP avrebbe dovuto sbloccare i fondi necessari ai paesi a basso reddito – afferma – ma l’intransigenza dei paesi a economie avanzate ha portato a un accordo persino peggiore rispetto a quello che avevamo”.
Gli ostacoli posti dai paesi ricchi
Wu critica in particolare la leadership degli Stati Uniti e degli altri paesi ricchi che, oltre a fissare un obiettivo modesto di 300 miliardi di dollari entro il 2035, hanno annacquato i criteri su chi debba pagare e come. “Ora dovremo lottare per ogni centesimo che fluirà dal mondo ricco ai paesi più poveri”, conclude Wu.
Le parole di Azione contro la Fame
«La decisione non include un obiettivo chiaro per i finanziamenti pubblici a fondo perduto, che dovrebbero essere forniti dai maggiori Paesi inquinatori in linea con lo spirito di giustizia climatica. Prestiti e finanziamenti privati rischiano di aggravare la crisi del debito e difficilmente raggiungeranno le popolazioni più vulnerabili, soprattutto nei contesti umanitari. I Paesi industrializzati non hanno rispettato la loro responsabilità storica in questo ambito» spiega Emma Beelen, Advocacy Officer di Azione Contro la Fame.
«Le conseguenze del cambiamento climatico e l’aumento della fame globale stanno costando innumerevoli vite umane. L’obiettivo finanziario trascura gravemente i bisogni reali. Invece, dovrebbe essere data chiara priorità a finanziamenti pubblici aggiuntivi e accessibili alle comunità che nutrono il pianeta e che dovranno affrontare gli impatti più gravi del cambiamento climatico» afferma Marie Cosquer, Advocacy Analyst per i Sistemi Alimentari e il Clima di Azione Contro la Fame.
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