Storie di vita, o forse no
“Acrobazie” di Alessandro Trasciatti edito da Il Ramo e la Foglia è una raccolta di microstorie, composte da flash, sogni, incubi e aneddoti che l’autore ha scritto nel tempo e raccolto in un libro. Tutto inizia e si chiude nel microcosmo quotidiano, un ambiente che l’autore ha trovato ideale per dare sfogo alla sua creatività e fantasia.
Ogni storia è una microstoria, cioè una storia a sé, slegata dalle altre per contenuto e tono. Una faticaccia stargli dietro, verrebbe da pensare, e invece no. No perché “Acrobazie” costringe il lettore a rimanere incollato alle sue pagine. L’originalità, l’ironia e la stravaganza delle storie, molte delle quali capitate realmente all’autore, ci fa desiderare immediatamente di leggere quella successiva. Le istantanee di vita di Trasciatti creano quasi dipendenza: finita la prima storia, dobbiamo attaccare con le altre!
Alessandro Trasciatti è nato a Lucca nel 1965. Francesista di formazione, è stato editore dei Libratti, collana di letteratura illustrata nata dal blog Il Trasciatti – lunario inattuale di letteratura e desueta umanità. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni, tra cui ricordiamo Prose per viaggiatori pendolari (Mobydick 2002), Il dottor Pistelli. Una vita in ritardo (Garfagnana 2013), Avevo costruito un sogno. Storie e fatiche di un postino artista (Ediesse 2014), Scampoli (Oèdipus 2017)
Abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con l’autore, che ci ha svelato tante curiosità sul suo libro e raccontato l’evoluzione ha subito la sua scrittura nel corso del tempo.
“Acrobazie” di Alessandro Trasciatti
Iniziamo dal titolo, perché “Acrobazie”?
Il perché del titolo è spiegato nella prima pagina del libro, una sorta di minuscola prefazione. Ogni racconto è autonomo, si esaurisce nel giro di poche righe o di poche pagine. Passare, anzi, saltare da un racconto all’altro è un po’ un’acrobazia, ci vuole una certa reattività da parte del lettore a cui è richiesto di alzare e abbassare rapidamente l’interruttore, oppure, usando un’altra metafora, di sintonizzarsi in successione su programmi sempre diversi. E poi il tema degli acrobati, del circo, delle relazioni amorose come relazioni acrobatiche ritorna spesso nel libro. Quindi, alla fine, i raccontini sono meno eterogenei di quanto possa sembrare a un primo sguardo.
Il suo libro è una raccolta di istantanee di vita quotidiana. Come le è venuta l’idea, originalissima, di raccontare piccoli episodi?
Sì, è una raccolta di istantanee della vita quotidiana, ma c’è molto altro. Spesso il quotidiano è solo il punto di partenza per invenzioni del tutto immaginarie, fantastiche, simboliche. Molti brani non sono altro che resoconti di sogni o di incubi. Comunque è vero, l’osservazione della realtà quotidiana, minima, domestica è fondamentale, così come la rievocazione memoriale. Mettere insieme tanti piccoli episodi, invece che tentare una narrazione unica, è forse una strada non molto praticata dalle nostre parti, ma non credo di avere inventato qualcosa dal nulla. C’è tutta una variegata tradizione novecentesca di narrazioni brevi, basti pensare al Kafka dei Racconti o dei Quaderni in ottavo, ai racconti di Borges, a quelli di Buzzati, a libri come Bestie di Tozzi o Le città invisibili di Calvino, alle Galline pensierose di Malerba, al Libro dei mostri di Wilcock. Tanto per fare qualche nome alla rinfusa.
Molte delle storie narrate in Acrobazie sono davvero bizzarre, come quella intitolata Piazza Santa Maria, in cui bacia in pubblico una ragazza con il benestare del fidanzato. In Acrobazie ci sono storie che le sono realmente capitate? Piazza Santa Maria è una di queste?
Certamente ci sono storie che mi sono capitate, credo che si senta un sapore di autenticità, anche se spesso mi diverto a confondere le idee, a mischiare le carte. Piazza Santa Maria comunque è una di queste, né più né meno della nuda verità.
C’è un personaggio dei suoi racconti a cui si è legato particolarmente? E se sì, perché?
Non saprei dirlo. I personaggi che appaiono sono perlopiù figure della memoria, fanno parte di me, me li porto dentro e a tutti sono affezionato.
Quando ha scritto Acrobazie si è ispirato a qualche scrittore preferito?
Credo di avere già risposto citando alcuni autori, altri magari mi sfuggono ma sono presenti in filigrana. Direi però che non c’è stato un momento in cui ho scritto Acrobazie. È un libro che si è formato per accumulo nell’arco di una ventina d’anni. Nel frattempo ho scritto altri libri, però mi accorgevo che qualcosa restava indietro, tutta una scia di testi e microtesti buttati giù su agende, o pubblicati su riviste, o in plaquette stampate in pochi esemplari… alla fine, monta e rimonta, sono riuscito a dare una forma che mi soddisfaceva a questa frantumazione di testi sparsi.
Lei ha pubblicato diversi libri. Nel corso degli anni ha notato un’evoluzione nella sua scrittura?
Non è mica facile rispondere. Certamente, se vado a rileggere qualche racconto scritto venti o trent’anni fa, mi accorgo che non lo riscriverei in quel modo. Però è anche vero che diversi miei libri li ho costruiti per assemblaggio di brani che appartengono ad anni diversi e anche lontani tra loro, come ho appena detto per Acrobazie, naturalmente sottoponendoli tutti a una revisione.
Allora direi questo: negli anni mi è venuto spontaneo – e un po’ l’ho imparato – a passare dalle forme brevi a quelle medio-lunghe, dal microracconto (o dal poemetto in prosa) al racconto, alla biografia, al romanzo; dal punto di vista dello stile credo di essere passato da un registro piuttosto letterario a uno dove il letterario si mischia in una certa misura al parlato, non per raggiungere un improbabile tono medio, quanto per permettere alle frasi di stare dietro ai giri strani del pensiero, ai sussulti delle emozioni… insomma è una questione di espressività, mi piace una lingua dove il basso possa convivere con l’alto, il colto con il colloquiale e dove ci sia spazio anche per parole tutte inventate.
Ci racconta qualche sua mania quando scrive? Non so, musica soft, scrivania davanti alla finestra, gatto in grembo, caffè americano…
Non vorrei che sembrasse una posa da scrittore maledetto, ma io scrivo volentieri a tarda sera, a volte anche di notte. Il problema è che poi la mattina sono un cadavere.
Foto di copertina: disegno dell’autore presente all’interno del libro “Acrobazie”