St. John’s Wood, nord ovest di Londra. Quartiere tranquillo, sterline e villoni, auto metallizzate. La fermata della metropolitana che porta qui è sulla Jubilee Line, ed ha lo stesso nome della zona. Abbey Road è lì, vicinissima. Le sue sono le strisce pedonali più famose al mondo, quelle immortalate nella copertina dell’omonimo album dei Beatles. Una foto scattata oggi, l’8 agosto di 45 anni fa: era il 1969, e negli ultimi dieci anni il quartetto di Liverpool aveva dato il ritmo a mezza Europa.
In quell’anno esce Abbey Road, cioè Something, Come togheter e Here comes the sun, ma anche l’ultimo album che i Beatles registrano in studio. Lo studio è il solito, quello nel quale il quartetto ha inciso per un’intera carriera, gli EMI Abbey Road Studios, civico numero 3, un palazzo di mattoni rossi in stile georgiano. Abbey Road Studios non sono solo Beatles, è vero. Sono anche Pink Floyd e Queen, U2 e Radiohead, Police e Oasis. Il problema, però, è che i favolosi quattro trasformano leggende della musica in ospiti, ed oggi Abbey Road significa solo quello: The Beatles.
La targa della via è una delle più rubate della capitale. Il comune è serenamente rassegnato: la rimpiazza sapendo che fans da tutto il mondo la prenderanno in prestito per sempre, ancora. Decine di persone da tutto il mondo vanno lì, ogni giorno, e qui si può capire quanto. Un muro sormontato da alcune sbarre delimita il perimetro degli studios. Ad Abbey Road si va per attraversare le strisce, ri-fare una foto – quella naturalmente – e per scrivere lì, su quel muro. Periodicamente, i pennelli del sindaco lo ridipingono di bianco, ma i pennarelli dei fans riprendono con dediche, giuramenti, ringraziamenti e infiniti was/were here. Per avere un’idea, qui c’è una webcam puntata sulle strisce in tempo reale, 24 su 7 tutto l’anno.
Va bene, ma come nasce quella foto? E’ l’8 agosto 1969, sono le undici circa e a Londra c’è il sole. Iain Macmillan è un fotografo scozzese in piedi su una scala con i suoi 30 anni, al centro della strada. Sì, in mezzo. Questa è una foto di quel giorno, di quella strada ma senza il gruppo. Poi Macmillan dice: Beatles!, voi camminate che al resto penso io. Bastano dieci minuti. I quattro attraversano e Macmillan li colpisce sei volte (tutti gli scatti li trovate qui). Dei sei il fotografo prende il quinto, perché in quello i Beatles sono perfettamente allineati. E poi nel quinto i quattro vanno da sinistra verso destra, come a voler andare via dallo studio, che si trova sul marciapiede a sinistra. Macmillan pensa alla carriera dei Beatles, ormai ai titoli di coda, e ritiene che quella sia una buona istantanea: quando le cose finiscono, del resto, si va via.
La copertina diventa una delle più celebri di sempre. E’ l’unica del gruppo a non aver né il nome della band né quello del disco. Quattro uomini che attraversano la strada in fila indiana finiscono su maglie, tazze, poster, libri, cartoline e più o meno ogni cosa in grado di ospitare un attraversamento pedonale in scala. L’8 agosto 2009, centinaia di fans si sono raccolti ad Abbey Road per celebrare i 40 anni di quella fotografia. Il 22 maggio 2012, a Londra, una delle sei foto scattate quel giorno – non la copertina, ma solo un’altra – è stata venduta per 16mila sterline.
Una foto leggenda. Anzi leggende, al plurale. Già, perché per chi crede nella singolare teoria della morte di Paul McCartney, quella di Abbey Road rappresenta una fotografia imprescindibile. Per dire: Paul nella foto è l’unico ad avere i piedi scalzi, e i morti nel Regno Unito vengono seppelliti senza calzature. Paul ha un passo differente dagli altri. E poi la targa del maggiolino, sullo sfondo, LMW 281F, che per alcuni sarebbe l’acronimo di Linda McCartney Weeps (Linda piange), o Linda McCartney Widow, (Linda vedova), oppure ancora il numero 28, cioè l’età che Paul avrebbe avuto se fosse stato ancora vivo nel 1969. Storie. Ce ne sarebbero tante altre, del resto. Questa è solo una delle tante, che parli pure. Let it be.