Aveva ventisette anni, faceva il pescatore e vendeva pesce al mercato. In dieci giorni riuscì a regalare un sogno ai napoletani, un sogno bello da far paura, tanta paura che i suoi stessi concittadini decisero di distruggere il sogno e quel folle che aveva permesso loro di sognarlo.
Questa, a riassumerla in poche righe, fu la rivoluzione di Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello, che rivivrà al Real Orto Botanico di Napoli, in prima assoluta sabato 20 luglio 2019 alle ore 21.00 (repliche fino a lunedì 22), nello spettacolo A te, Masaniello scritto e diretto da Annamaria Russo, programmato nell’ambito della rassegna estiva Brividi d’Estate 2019.
L’allestimento, presentato da Il Pozzo e il Pendolo Teatro, vedrà interpreti, in scena, Nico Ciliberti, Marianita Carfora, Salvatore Catanese, Cristiano Di Maio, Alfredo Mundo, Riccardo Maio, Rita Ingegno, Paolo Rivera, Marige Maya Grasso, Diego Guglielmelli e la partecipazione dei giovanissimi Giulia, Gianluca e Gaia.
7 luglio 1647, il popolo napoletano, ridotto alla fame dalla pressione fiscale del viceregno spagnolo, scatenò una rivolta violentissima. A capeggiare l’insurrezione, un pescatore, Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello. La città lo nominò Generalissimo della popolazione e lo seguì con cieca fede per sette giorni, mettendo a ferro e fuoco la città, e costringendo i nobili e il viceré a riparare presso Castel Sant’Elmo, per sfuggire alla violenza dell’assalto.
Sette giorni durò rivoluzione dei “pezzenti”, sette giorni leggendari durante i quali, il governo si arrese alla forza del popolo, e accolse, senza condizioni, tutte le richieste del Generalissimo. Sette giorni durante i quali il popolo fu sovrano. Tra i vicoli, le strade, le piazze riecheggiava un solo grido: libertà. Sette giorni durante i quali l’impossibile diventò possibile.
Poi, di colpo, tutto finì. Qualcuno tirò giù il sipario, e calò il buio, anche nella mente di Masaniello che, improvvisamente, impazzì. Tra i vicoli, il popolo non inneggiava più al suo comandante, ma, a bassa voce, ne decretò la morte. Il 14 luglio, alla vigilia della festa della Madonna del Carmine, Masaniello pronuncia il suo ultimo delirante discorso alla popolazione, e, poche ore dopo, la sua testa viene portata in pegno al Viceré.
Questa è la storia di Masaniello, ma questa è anche la storia di Napoli, che, nei secoli, si replica identica e immutabile. Una città che non perdona chi prova a sollevarla dal fango, rivelandosi, in realtà, una terra dal ventre molle, che fagocita sogni ed espelle abiezione.