Eravamo almeno 23mila a Stonehenge, bonghi e didgeridoo a far da padroni. Tutti insieme a celebrare il solstizio d’estate tra i megaliti misteriosi. Per l’occasione è stato tolto il recinto che durante il resto dell’anno impedisce ai visitatori di toccare i megaliti ed in qualche modo di violare il luogo sacro. Ma oggi no, sulle pietre possiamo anche salirci, suonare, toccare e lasciarci andare a danze estatiche. Un bus dalla cittadina di Salisbury nella contea di Wiltshire porta a Stonehenge.
Ci fermiamo dopo 9 miglia e mezzo. Siamo arrivati a destinazione, eppure i megaliti non si vedono. Ci incamminiamo su un piccolo sentiero per una ventina di minuti. Dinnanzi a noi fiumi di persone, di fianco c’è un druido che cammina con mantello, cappuccio e bastone pronto per la celebrazione. Attraversiamo una piccola duna e poi finalmente eccoli, i massi giganti s’impongono davanti a noi. Sono le 8 di sera, ancora giorno e già centinaia di persone sono all’interno del circolo di pietre a suonare tamburi, bonghi, maracas, flauti e più o meno qualsiasi cosa produca un suono. Ma il significato di Stonehenge non lo si può leggere da nessuna parte. E’ solo lì, racchiuso in quei monoliti misteriosi, costruiti secondo gli storici tra il 3.000 e il 2.000 A.C.
Alcune leggende li attribuiscono ai druidi, originari di queste terre e custodi di tradizioni pagane e riti secolari che tutt’oggi qui hanno luogo. L’Ordine dei Druidi si riunisce qui quattro volte l’anno per celebrare solstizi ed equinozi, vale a dire il giorno più lungo dell’anno, il più breve e le due giornate in cui il giorno e la notte hanno la stessa durata.
Sono tanti i personaggi strani e peculiari in cui ci si imbatte durante la lunga nottata. Uno di questi è Re Artù. Formalmente conosciuto con il nome di John Rothwell, King Arthur è un uomo di mezza età che da anni lotta per la conservazione del sito archeologico e del suo utilizzo ai fini cerimoniali.
John dice che Stonehenge è un calendario astronomico che serve a calcolare gli anni. Anche nel buio lo si distingue facilmente tra le migliaia di persone. Indossa una corona, tunica medievale e mantello, ma soprattutto ha la spada, che sia excalibur? Questo è un altro mistero. L’Ordine dei Druidi è stato fondato proprio da John Rothwell che nel 1986 ha legalmente cambiato il suo nome in Arthur Uther Pendragon.
John sostiene di essere una reincarnazione di King Arthur e che la comunità l’abbia riconosciuto come tale. Incuriosita allora gli chiedo cosa significhi portare questo nome “è grazie a me se voi oggi potete stare qui e celebrare il solstizio d’estate. Nel 1994 ho lottato contro il governo e l’Unione Europea affinché potessimo celebrare qui i nostri riti.” King Arthur si è anche candidato alle elezioni locali prendendo 750 voti.
Il messaggio dei druidi è chiaro e semplice e parla di natura, rispetto, ritorno alla terra, a madre natura ‘Siamo dei Political Warrior – chiarisce John – e come pagano sono al fianco del Papa quando parla per il pianeta e ammonisce l’avidità; e dico che ci sono due categorie di persone: quelle che credono e quelle che non credono. Non importa se credi in Gesù o in Mohammed, noi crediamo che si debba lavorare insieme per il benessere del pianeta, e che non esistano pagani quando si parla della terra, proprio come secondo il Papa non esistono cattolici.
Ma la notte è ancora lunga, un ragazzo passa con il flauto e al suo seguito chitarrine, armoniche e bonghetti. Anche nell’oscurità affiorano le peculiartià, qualcuno indossa una maschera da unicorno ed un altro il copricapo indiano di piume. Sono le tre e finalmente inizia la cerimonia dei druidi. King Arthur è li a recitare preghiere ed è proprio lui che celebra il matrimonio di alcune coppie elegantemente vestite per l’occasione. La cerimonia finisce con la benedizione dei presenti e di chiunque voglia inginocchiarsi a King Arthur ed essere benedetto con la sua spada.
Alcuni ragazzi aspettano impazienti il loro turno. Concluso il rito ci uniamo alle danze estatiche aspettando l’alba. Siamo tutti insieme, druidi, pagani, cattolici, protestanti e miscredenti. Chi per una ragione chi per un altra, ma siamo lì a suonare e a cantare insieme. Il bagliore delle prime luci arriva gradualmente ed il cielo si colora di un rosa arancione. Siamo vicino alla Standing Stone e guardiamo tutti nella stessa direzione. Due ragazzi si arrampicano sulla Standing Stone e ci salutano dall’alto estasiati, la sicurezza è già pronta a richiamarli. Mi sposto leggermente più sopra per avere una visuale migliore. Ci sono tante , troppe nuvole e vedere il sole nascere sembra ormai quasi una speranza vana. All’improvviso appaiono gli Hare Krisha, eccoli, anche loro sono lì che suonano e cantano il loro mantra. Cantiamo tutti insieme, ecco finalmente il sole sorgere. Ecco l’alba di Stonehenge.