Nel suo paese non può cantare, perché lei è una donna e il suo paese è l’Iran. Sahar Ajdamsani, cantautrice, poetessa, fotografa, scrittrice e – come ama definirsi – “guerriera” per i diritti della donna e per la pace nel mondo, è costretta a esibirsi all’estero: arriverà in Italia per la prima volta a dicembre. Dopo una tappa al sud, ospite della rassegna musicale “Sacro Sud” diretta da Enzo Avitabile, il 20 dicembre alle 21 sarà a Parma, dove sarà protagonista di una performance unica di musica, prosa e poesia. “Dreamy World”, il suo nuovo lavoro musicale, arrangiato dal sound designer Giovanni Amighetti, verrà allestito negli spazi del Museo d’Arte Cinese ed Etnografico, fedele al suo ruolo di punto di incontro tra culture diverse, prima di raggiungere Grecia e Francia per altre date del tour.
“Sono una guerriera e credo nella pace nel mondo – ha dichiarato Sahar in una recente intervista – : non posso tollerare l’ingiustizia mantenendo il silenzio. In Iran mi sono vietate diverse attività artistiche, come la musica cantata che è proibita alle donne e ogni cantante è considerata una criminale. Le mie poesie sono censurate. Queste cose non sono piacevoli. Combatto contro queste restrizioni e proibizioni cercando di riportare i diritti a tutte le donne della mia terra. Voglio spianare la strada a loro in modo che altre donne, in futuro, possano facilmente realizzare le loro arti preferite”.
Sahar Ajdamsani è nata nel 1996 e scrive poesie da quando aveva 8 anni. Ha pubblicato due raccolte di versi edite nel mondo arabo e recentemente negli States e lo scorso anno ha vinto il Black & White International Photography Festival in Grecia con la fotografia intitolata “Emancipation”. Nel maggio di quest’anno, il suo testo in inglese “Censorship” è stato selezionato come primo evento letterario iraniano premiato nel campo della poesia sociale negli Stati Uniti dal WILDsound Festival, il festival internazionale di poesia con sede a New York. Inoltre Sahar rappresenta la Global Photographic Union in Iran.
Nel 2020 uscirà il suo album Dreamy World, che dà il titolo anche alla performance parmigiana: vi hanno collaborato artisti da 12 Paesi differenti a testimonianza non solo dell’impegno di Sahar per la fratellanza dei popoli, ma anche di emancipazione personale come donna e attivista.
“Sono una fighter – ha detto – ma il mio campo di battaglia è l’arte e il mio obiettivo la pace. Spero che le donne non rinunceranno mai ai loro diritti e combatteranno per realizzarli, per tutta la loro vita. Vorrei, un giorno, poter studiare il canto nel mio Paese. Più donne combatteranno più risultati otterremo”. E parlando di prossimi progetti aggiunge “tutta la musica rock in Iran è soggetta a restrizioni, che valgono anche per gli uomini. E io, come fotografa, sto documentando la situazione. Così come cerco di documentare e combattere il fenomeno delle spose bambine: ragazzine sugli 11 anni costrette a sposare uomini ben più grandi. Un problema molto doloroso”.
Durante la performance parmigiana l’artista iraniana sarà accompagnata, nello spazio espositivo del Museo, tra le opere d’arte cinesi, dal chitarrista Luca Nobis, dalla suonatrice di viola Martina Surace e da Giovanni Amighetti ai sintetizzatori analogici.