L’Italia delle scaleup cresce e cresce nonostante la pandemia. I dati del nuovo report “Tech Scaleup Italy 2020”, realizzato da Mind the Bridge in collaborazione con AWS, raccontano infatti di un ecosistema scaleup che continua a svilupparsi e a migliorare nel nostro paese, seppur a ritmo sostenuto e con un ritardo ancora significativo rispetto ai principali ecosistemi del mondo.
“I dati preliminari indicano una prevedibile tendenza al ribasso in Europa in termini di nuove scaleup, circa -25% anno su anno, e di capitale raccolto, circa -20% anno su anno. Una flessione importante, soprattutto se confrontata con la contrazione stimata del PIL europeo, attualmente tra il -7 e il -12%. Eppur l’Italia delle scaleup cresce e produce fatturato e occupazione – ha commentato Alberto Onetti, Chairman di Mind the Bridge – In questo report abbiamo misurato e analizzato l’ecosistema scaleup italiano. Inoltre, grazie a un sondaggio molto completo (con un incredibile tasso di risposta di oltre il 50%), siamo stati in grado di andare oltre i dati del capitale raccolto e possiamo finalmente dare indicazioni su quanto valore producono e che contributo danno in termini di posti di lavoro. Attenzione: questi dati vanno però letti con la “lente del domani” poiché il comparto delle startup e scaleup cresce molto velocemente, per cui i piccoli numeri che produce oggi sono destinati ad aumentare. Non si può dire lo stesso per il settore impresa tradizionale dove si registra invece un sostanziale e strutturale immobilismo”.
Le scaleup in Italia
Secondo la ricerca, a dicembre 2019, l’Italia ospitava 228 scaleup: queste hanno raccolto cumulativamente 2,3 miliardi di dollari in equity e fatturato circa 2,2 miliardi di dollari (circa lo 0,08% del PIL italiano) dando occupazione a circa 13.000 persone (lo 0,06% del dato generale italiano). Alla data di settembre 2020 queste sono diventate 261 (il 3% del totale europeo) grazie all’ingresso di ulteriori 33 scaleup e a 375 milioni di dollari di nuovo capitale (all’incirca quanto nell’intero 2019, 397 milioni di dollari). Parliamo quindi di 0.43 scaleup per ogni 100mila abitanti (Scaleup Density Ratio), in grado di raccogliere cumulativamente 2,7 miliardi di dollari (1.4% del totale europeo, con uno Scaleup Investing Ratio pari allo 0.10%) che rappresenta lo 0,1% del PIL nazionale, ancora molto al di sotto della media europea (0,73%). A questa data sono state registrate solo 6 Scaler (aziende in grado di raccogliere oltre 100 milioni di dollari dalla fondazione) contro le 92 presenti in UK e le 46 in Germania e nessuna Super Scaler (oltre $1B in capitale raccolto) contro le 6 presenti in UK e le 3 in Germania.
Prima del 2012, la scena scaleup tecnologica italiana era praticamente inesistente. Successivamente è cresciuta per lo più in modo lineare, “producendo” in media 26 nuove scaleup all’anno (con un picco di 38 registrato nel 2016). In termini di capitale investito all’anno è passata da una media di poco più di 100 milioni di dollari nel 2012-2013 fino a circa 200 milioni per il periodo 2014-2016 e oltre 400 milioni nell’ultimo triennio (2017-2019). I dati del terzo trimestre 2020 sono piuttosto incoraggianti e suggeriscono che l’ecosistema scaleup tecnologico italiano stia mostrando segni di resilienza: il 60% delle scaleup italiane ha infatti registrato un aumento sia in termini di ricavi che di organico per tutto il 2020. Solo una su sei ha riportato una contrazione, mentre per quasi un quarto delle scaleup i ricavi e l’organico sono rimasti stabili.
“La nostra stima è che l’Italia dovrebbe chiudere il 2020 con 680 milioni di dollari di nuovi finanziamenti e con circa 48 nuove scaleup, portando il totale a 276. Quindi un anno record, nonostante Covid-19 – ha concluso Alberto Onetti – Apparentemente, la pandemia sembra non aver avuto un impatto significativo sull’ecosistema scaleup italiano, anche se purtroppo non si può dire lo stesso per i segmenti seed e early stage che sono stati più duramente colpiti dal lockdown”.
Chi sono le scaleup italiane? Come e dove si finanziano?
- In media le scaleup italiane sono medio-piccole aziende di circa 25-50 persone che producono circa 1,6 milioni di euro di ricavi annui. Il 10% è rappresentato da aziende più strutturate con oltre 250 dipendenti e fatturato superiore a 10 milioni. L’83% ha meno di dieci anni (in media 7,5). La metà impiega circa 3,4 anni per passare alla fase di scaleup, l’altra metà ci riesce in circa 2 anni. Una su cinque ha raccolto fondi nei primi tre trimestri del 2020, confermando il rinnovato dinamismo dell’ecosistema italiano.
- Le scaleup italiane hanno raccolto cumulativamente 2,7 miliardi di dollari di finanziamenti, pari all’1,4% dell’importo totale raccolto in Europa. La stragrande maggioranza (2,4 miliardi di dollari, 87% del totale) proviene da Venture Capital (di questi il 46% sono capitali italiani, mentre il 23% proviene da investitori USA e il 6% dal Regno Unito). 27 scaleup hanno raccolto 326 milioni di dollari (12% del capitale totale) attraverso quotazione sul mercato azionario (leggi IPO) leggermente meno della media europea (14%). In genere si quotano sulle borse nazionali: 21 scaleup (78% del totale) sono quotate su AIM e solo 1 (Yoox) sul mercato principale. Il ruolo delle ICO – in voga un paio d’anni fa – resta marginale (19 milioni di dollari, 1%).
- In ottica open innovation, le aziende – tramite propri CVC o in maniera diretta – hanno partecipato a circa il 18% dei round di investimento in scaleup (equivalenti al 32% del capitale totale raccolto). La maggior parte di queste è italiana.
- In parallelo si registra un crescente sostegno pubblico all’ecosistema dell’innovazione italiano. Negli ultimi anni, circa 86 milioni di dollari di investimenti (3,6% del totale) in scaleup italiane hanno visto la partecipazione di fondi VC sostenuti pubblicamente. Più della metà è stato investito quest’anno, principalmente attraverso i nuovi veicoli di partecipazione di CDP (Cassa Depositi e Prestiti).
“Dal 2006, quando AWS ha portato l’infrastruttura cloud nel mondo per la prima volta, abbiamo lavorato insieme a centinaia di migliaia di startup e scaleup in tutto il mondo, aiutandoli a costruire e scalare le loro attività – ha commentato Carlo Giorgi, Country Manager AWS Italia – Più recentemente, il 28 aprile 2020, al fine di sostenere i nostri clienti italiani, abbiamo lanciato quello che rappresenta il nostro più grande investimento in Italia con l’apertura della Regione AWS Europe (Milano), la nostra infrastruttura cloud in Italia, che diventerà il fattore abilitante che può ispirare la nuova generazione di innovatori italiani e la piattaforma che renderà ancora più facile per aziende ed enti governativi italiani reinventare ed evolvere le esperienze di clienti e cittadini per molti decenni a venire.”
C’è luce alla fine del tunnel?
L’Italia risulta ancora indietro rispetto ai suoi vicini dell’Europa meridionale: la Spagna investe lo 0,35% del PIL, il Portogallo lo 0,25% e persino la Grecia lo 0,13%. Gli sforzi in corso nello sviluppo di una strategia nazionale di innovazione potrebbero aiutare a colmare queste differenze.Tuttavia, il divario con i principali paesi europei (0,58% in Germania, 0,62% in Francia, 1,97% nel Regno Unito) resta troppo ampio per essere ridotto.
A dicembre 2019 l’Italia risultava ancora al decimo posto in Europa, secondo il “Tech Scaleup Country Index”, con UK, Francia e Germania a guidare la classifica con, rispettivamente, 2.661, 1085 e 797 scaleup e 54,8 miliardi, 17,3 miliardi e 23,9 miliardi di dollari raccolti. A partire dal 2020, la posizione dell’ecosistema scaleup tecnologico italiano rimane piuttosto cupa. La sua posizione nella “Tech Scaleup Matrix” risulta ancora nell’angolo inferiore sinistro della matrice, lontana dalla media europea e anche da paesi come Germania, Francia, Spagna e Portogallo.
“In una prospettiva di comparazione internazionale l’Italia è in forte ritardo. Però finalmente qualcosa si muove anche sul versante pubblico, cosa quanto mai necessaria per cercare di colmare il gap accumulato. In primis con il Fondo Nazionale Innovazione CDP che ha messo in campo un piano strutturato di intervento sui diversi anelli della catena dell’innovazione. Nel 2020 si è aggiunta anche la Fondazione Enea Tech con un focus specifico sul trasferimento tecnologico e le deep technologies applicando un approccio già sperimentato con successo da DARPA negli Stati Uniti e, più di recente, dall’European Innovation Council (EIC) nell’Unione Europea – ha concluso Alberto Onetti – Tutto ciò ci fa guardare con ottimismo ai prossimi anni, anche se ci vorrà tempo per vedere i risultati di questi sforzi. Ma la macchina dell’innovazione sembra che anche in Italia si sia finalmente messa in moto”.