Sono esattamente 35 anni dalla tragedia di Vermicino iniziata alle 19:00 del 10 giugno nel piccolo paesino alle porte di Roma, confinante con Frascati.
Alfredino Rampi, un bambino di 6 anni cade, in circostanze mai del tutto chiarite, in un pozzo artesiano dal diametro di appena 35 centimetri. Il padre, allarmato dall’assenza del figlio, chiama la polizia e le altre forze dell’ordine accorrono man mano sempre più numerose sul posto, assieme ad un folto gruppo di curiosi.
La tragedia irruppe con prepotenza nelle case di tutti gli italiani grazie ad una continua diretta di tv delle 60 ore di agonia del bambino. Una tragedia privata si trasforma quindi in tragedia pubblica suscitando il dolore di un paese intero.
I pompieri cercano di tenere sveglio Alfredo mentre si cerca la soluzione per liberarlo. Si tenta anche di scavare una buca parallela per raggiungerlo, ma le trivelle non fanno altro che far sprofondare il piccolo ancora di più.
Accorre sul posto anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che tenta di consolare e stare vicino ad i familiari con tutta l’umanità che lo ha sempre contraddistinto.
A nulla valsero i tentativi di aiuto di contorsionisti e nani, soprattutto quello di Angelo Licheri soprannominato in seguito “L’angelo di Vermicino”, ex tipografo di origine sarda, che si calerà nel pozzo cercando di imbrigliare il bambino per poi riportarlo su. Angelo Licheri fu talmente segnato dalla vicenda che non si è mai più ripreso. Di recente ha dichiarato che: «Vermicino ci sono tornato chissà quante volte… Perché non sapevo come liberarmi di quel brutto sogno. Il pozzo alle spalle, e quando mi giravo c’era sempre quel buio, e mi svegliavo freddo come un morto». Oggi ha 67 anni e vive a Nettuno e, per sua stessa ammissione, non è mai uscito veramente da quel pozzo.
La mattina del 13 giugno il conduttore del Tg1 Massimo Valentini da la triste notizia in lacrime: Alfredino non ce l’ha fatta, il suo corpo è sprofondato di 26 metri. Il cadavere fu poi recuperato da tre squadre di minatori della miniera di Gavorrano l’11 luglio seguente, ben 28 giorni dopo la morte del bambino.
Alfredino fu sepolto presso il Cimitero del Verano di Roma.
La tragedia è famosa anche per i tre giorni di dramma con un diretta televisiva che cambiò anche la storia del nostro piccolo schermo, ma soprattutto perché da allora, la madre di Alfredino, Franca Rampi, fondò il “Centro Alfredo Rampi” (poi divenuto una ONLUS), che da allora si occupa di formazione alla prevenzione e di educazione al rischio ambientale e che porterà alla nascita della Protezione Civile.
Negli anni si sono accumulate molte teorie riguardo la tragedia. C’è anche chi ha ipotizzato un complotto per sviare l’opinione pubblica del paese dalla scoperta in quello stesso periodo della loggia Massonica P2.
Ipotesi a parte, c’è un bellissimo libro di Giuseppe Genna sull’argomento Dies Irae, che racconta con lucidità e completezza di particolari l’intera vicenda. Lo stesso scrittore è rimasto particolarmente scosso dal dramma di Alfredino, tant’è che ha spesso ribadito che da anni scrive soltanto di lui, pensando a lui al «bambino che è la fine di tutti i bambini».
La vicenda, emblema dell’inanità e dell’impotenza umana e, in un certo qual modo, dell’oblomoviano carattere italico, è stata anche raccontata a loro modo dai Baustelle nella loro bellissima ballad Alfredo.