Il 27 gennaio cade la Giornata della memoria per le vittime della Shoa. 75 anni fa si concludeva una delle pagine più raccapriccianti della storia dell’umanità, lo sterminio del popolo ebreo da parte del Terzo Reich. Non un’operazione improvvisata, ma un progetto preciso sostenuto da una capillare macchina organizzativa. Un obiettivo perseguito prima nelle menti di potenziali complici che nel corpo delle vittime.
Perché la Giornata della memoria cade il 27 gennaio
Il 27 gennaio del 1945 l’armata russa sfondò i cancelli del campo di concentramento di Aushwitz e liberò i prigionieri. Una data simbolica che è stata adottata come giorno della memoria della Shoa. Questo evento, infatti, pose fine all’Olocausto, cioè allo sterminio del popolo ebraico, e non solo, perpetrato dalla Germania nazista, e aprì una nuova pagina molto complessa: quella della testimonianza. I racconti dei sopravvissuti ai campi di sterminio misero il mondo di fronte a una catastrofe, frutto di un disegno ben preciso. Uno scellerato progetto eseguito in tante piccole mosse strategiche a partire dal 1933, vale a dire dalla nomina di Adolph Hitler a cancelliere.
Spunti di riflessione per la Giornata della memoria del 27 gennaio
Questi racconti narrarono di continue riviste: chi le superava continuava a vivere lavorando duramente per il Reich, chi non risultava idoneo andava a morire nelle camere a gas. Appena si giungeva al campo gli uomini venivano separati dalle donne, completamente spogliati e rasati. Su ognuno di loro veniva tatuato un numero di riconoscimento e si dava da indossare una divisa a righe. Arrivavano a bordo di treni speciali provenienti da tutti i Paesi d’Europa controllati dalla Germania. Gli arrivi erano iniziati nel 1941: erano ebrei provenienti dalla Germania; nel 1942 iniziarono ad arrivare anche dagli altri Paesi europei.
Li avevano prelevati durante i rastrellamenti nei ghetti appositamente creati in diverse città. Sì, perché il Reich aveva stabilito che gli ebrei dovevano lasciare le proprie abitazioni per trasferirsi in un determinato quartiere della città. Il primo ghetto era stato creato in Polonia nel 1939. Un segnale preciso di discriminazione verso questo popolo anticipato dalla sua graduale esclusione da tutte le professioni e dagli uffici pubblici, dall’espulsione dei bambini dalle scuole pubbliche. Gli ebrei erano stati anche costretti a cedere le loro aziende perché vessati dalle tasse.
E tutto questo era giustificato dalle Leggi di Norimberga promulgate nel 1935. Leggi che tendevano a proteggere la razza tedesca dalle “contaminazioni” ebree. E dire che era tutto scritto e perfettamente spiegato nel Mein kampf, il saggio in cui Hitler illustrava dettagliatamente il suo programma politico. La purezza della razza ariana, la creazione di un socialismo nazionale, la lotta al bolscevismo, la soluzione definitiva. Era tutto scritto. Era il 1925.
La Giornata della memoria per la Shoa oggi
Dopo la fine della seconda guerra mondiale l’Italia divenne una repubblica parlamentare fondata sull’antifascismo. Il suo ordinamento giuridico riconobbe come reato l’apologia del fascismo. In più, in questi 75 anni, gli ebrei che sono scampati ai campi di concentramento hanno fatto un’intensa opera di sensibilizzazione con le nuove generazioni. Hanno raccontato il loro strazio perché una cosa così grave non accadesse più, non solo il 27 gennaio quando cade la Giornata della memoria, ma ogni giorno. Eppure negli ultimi anni, gli episodi di antisemitismo, in Italia e in Europa in generale, sono aumentati. Piccoli segnali, apparentemente insignificanti. Episodi già vissuti ai quali nessuno aveva dato importanza.