Oggi 25 Aprile è la Festa Nazionale della Liberazione dal nazifascismo. Sono, ormai, diversi anni che questa giornata è diventata il momento topico di risse verbali. Polemiche alimentate sempre destra negli anni scorsi e che quest’anno vedono protagonisti giornalisti, in verità un giornalista e l’A.N.P.I.
L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia non ha gradito la definizione di putiniana. Ad affibbiare l’epiteto alla gloriosa associazione partigiana è stato il giornalista Massimo Gramellini al quale non è andato giù il manifesto del 25 Aprile dell’associazione.
Massimo Gramellini – Corriere della Sera
“Nel sacro nome della Resistenza, all’Anpi si è finito per perdonare di tutto. Non solo che i pochi partigiani ancora vivi non vi avessero più da tempo alcun ruolo, ma che l’associazione fosse sempre in prima linea quando si trattava di manifestare contro gli americani. I quali saranno pure il male assoluto, ma combatterono accanto alle brigate partigiane e le rifornirono di armi nella lotta all’invasore nazista. All’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia è stata perdonata anche la neutralità pelosa nella guerra in corso e persino certi arrampicamenti sui muri per distinguere la Resistenza buona da quella cattiva del popolo ucraino. Ma il manifesto del prossimo 25 aprile è imperdonabile”.
Il manifesto della discordia
Eccolo qui di seguito il pomo (manifesto) della discordia che tanto disturbo ha procurato a Gramellini e c’è da chiedersi poi perché. Siamo ancora in Italia e manifestare il proprio pensiero nell’ambito della legge è ancora un diritto? Le parole lanciate dal giornalista nei confronti dell’Associazione rivelano un astio poco spiegabile, soprattutto per una persona mite d’indole come Gramellini ha dimostrato sempre essere.
Cosa ci sia di scandaloso in questo manifesto davvero non si capisce.
Il contenuto rilancia solo l’incipit dell’art. 11 della Costituzione e nulla di più. La Costituzione non il menù del giorno al ristorante sia chiaro.
Lasciamo spazio, però, alla replica del Presidente dell’A.N.P.I.
La replica ANPI
Gianfranco Pagliarulo Presidente ANPI
“Anpi sta subendo un assalto mediatico senza precedenti. E la cosa grottesca è che coincide con una situazione opposta all’interno, di estrema coesione.
Stiamo ricevendo degli attacchi violenti, estranei alla cultura liberal democratica di cui molti di questi critici si credono promotori”.
Le parole ulteriori spese dal Presidente dell’A.N.P.I. per presentare questo 25 Aprile crediamo siano tali da essere difficilmente opinabili e non crediamo incitino ad odio. Neppure si può dire che fomentino lo schierarsi nel conflitto o siano dispregiative nei confronti di qualcuno.
Gianfranco Pagliarulo Presidente ANPI
“Questo sarà un 25 Aprile di memoria per la Liberazione e d’impegno per la pace. Non sarà solo un giorno di festa quest’anno, per quanto è possibile festeggiare in questo momento, ma sarà stimolo verso tutti per il ritorno della politica come composizione dei conflitti. Anpi non è mai stata equidistante, siamo dalla parte degli aggrediti contro gli aggressori, come abbiamo detto subito”.
Non la marcia indietro rispetto alla propria posizione anteriore ma una doverosa precisazione ci pare chiaro.
Gianfranco Pagliarulo Presidente ANPI
“Oggi vediamo una fase nuova, sempre più tragica, con violenza crescente e una tensione internazionale a un livello sconosciuto dal dopoguerra. Anpi si è detta contraria all’invio di armi in Ucraina, come all’aumento del budget per la difesa, perché sono scelte che hanno contribuito all’escalation a cui stiamo assistendo. È urgente un tavolo di trattative, invece succede il contrario, con il prolungarsi delle ostilità e il riarmo indiscriminato che aumenta le tensioni internazionali. Assistiamo a un riarmo generalizzato come prima delle Guerre Mondiali”
Ci sembra una posizione piena di buon senso, sinceramente, che coincide con la nostra e ci fa oltremodo piacere che sia quella dell’A.N.P.I. Il disappunto dell’associazione è quello di chi la guerra sa bene cos’è. Non ne parla come una partita a Risiko fatta per perdere un poco di tempo.
Liberazione e resistenza
Usare parole come liberazione e resistenza mettendo in parallelo quanto accaduto nel secondo conflitto mondiale con quanto accade oggi in Ucraina è come minimo superficiale. Scenari diversi e contestualizzazioni diverse non vengono unite che da un comun denominatore: l’orrore che la guerra causa.
E’ la guerra come risoluzione di controversie che va combattuta e, come tale, questa a maggior ragione. Le contestualità non vanno, però, nascoste per mettere in risalto solo la naturale barbarie del conflitto. Non si può far finta che a questo non si doveva arrivare, non si doveva permettere che si arrivasse con le armi diplomatiche.
Quelle stesse armi diplomatiche che oggi sono state deposte dall’occidente per lavarsi la coscienza con l’invio quotidiano di armamenti. Spedizioni che quella guerra non fanno niente altro che allungarla con sadismo unico. Crediamo che anche Gramellini abbia più volte pensato a ciò.
Non è mai tutto bianco e nero, ricordiamolo
Il giornalista, proprio dalla sua esperienza, sa che non esiste la possibilità di dividere il mondo in bianco e nero. Ci sono infinite sfumature di grigio da esplorare. Affibbiare etichette a chicchessia è un’attività inutile e futile se ci si vuole dedicare a costruire pace e dialogo.
Di sicuro questa guerra durerà tantissimo se non si esce da questo equivoco. Se non si ritorna ognuno a fare il proprio lavoro cercando di costruire e non solo distruggere, verbalmente e fisicamente.