Qualche anno fa saremmo rimasti basiti se avessimo solo osato pensare che sarebbe stato opportuno divulgare e spiegare feste nazionali come il 25 aprile o il 2 giugno, ma oggi non è così e quindi – per essere quanto più nazional popolari possibili – ecco che mutuiamo da Wikipedia (non fonte giornalistica, s’intenda): “Il 2 e il 3 giugno 1946 si tenne il referendum istituzionale, indetto a suffragio universale, con il quale gli italiani venivano chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo, monarchia o repubblica, dare al Paese, in seguito alla caduta del fascismo. Dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro 10.718.502 l’Italia diventava repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati”.
Il 2 giugno si celebra, quindi, la nascita della nazione democratica Italia, in maniera simile al 14 luglio francese (anniversario della Presa della Bastiglia) e al 4 luglio statunitense (giorno del 1776 in cui venne firmata la dichiarazione d’indipendenza).
Ebbene, per quel vezzo revanscista, o rigurgito fate voi, che vuole rivalutare per forza il tremendo ventennio e tutto quanto ad esso consociato; proprio per questo, oggi va fortemente ricordato che l’Italia è nata dalle ceneri cui quel regime fascista l’aveva ridotta.
Si, non dimentichiamolo mai. Facciamo in modo di festeggiare il 2 giugno così: ricordando le radici antifasciste di questa Nazione che nessuna rivalutazione – vetero o neo fascista – potrà mai cancellare. La nostra storia non può essere barattata e piegata alla volontà di chi oggi per utilità politica o elettorale o anche semplicemente economica vuole asservire la storia ai propri comodi.
Chi ne vorrà sapere di più oggi avrà tante occasioni di seguire celebrazioni, manifestazioni, appuntamenti. Non è schierarsi in maniera preconcetta ma stare dalla parte della storia evitando ogni negazionismo e nichilismo attualizzante.
Si, questa Repubblica non ha fatto e non sta facendo una bella figura per tanti versi ma le battaglie di ieri non possono essere lette oggi come una iattura; ben altra è la iattura: il politicismo di una classe dirigente che mette i brividi spiega la disaffezione verso la propria storia?
I soliti realisti obietteranno con fare spocchioso – e se ne vede tanto in giro – che i cittadini oggi sono pratici e non hanno tempo e voglia per occuparsi di ciò. Nulla di più falso, se si tagliano le radici ad un popolo non potrà mai esserci domani per questo Paese.