“Cacciati”: questa è la denuncia forte di 18 richiedenti asilo. Messi in strada da un giorno all’altro dal Cara Villa Angela di Terzigno in provincia di Napoli, facendo venire meno l’obbligo dell’accoglienza fino al riconoscimento dello status di rifugiato.
I Fatti
La Prefettura ha rapidissimamente decretato l’espulsione dalla struttura che, come si legge nel decreto prefettizio, sarebbe stata comminata a causa di «atteggiamenti minacciosi e violenti» e di «lesioni» procurate «a due operatori della struttura» il 19 luglio scorso. Per la stessa motivazione altri due rifugiati sono invece stati espulsi ieri, dilatando tutto fino ad includere altre due persone nel gruppo.
Associazioni antirazziste (tra cui Associazione 3 febbraio, La Comune – Napoli, ACLI, Forum Antirazzista della Campania, Lavoratori in lotta contro la schiavitù, Asper, Hamef, Scuola di Pace) e profughi hanno quindi indetto una conferenza stampa sull’accaduto.
Testimoni diretti però raccontano un’altra verità: ci sarebbe stato solo uno spintonamento tra un rifugiato, che chiedeva di poter mangiare più tardi, e un operatore senza arrivare alle «lesioni» provocate dai 19 rifugiati.
Gli stessi rifugiati raccontano d’esser stati coinvolti nell’espulsione perché in quel momento fuori l’albergo. Questa ricostruzione collimerebbe col fatto che al momento della presunta aggressione nessun immigrato sarebbe stato identificato dalle forze dell’ordine né condotto via, ma la denuncia dei fatti e dei presunti colpevoli sarebbe stata prodotta successivamente dal gestore della struttura.
Sicuramente il Prefetto, o gli uffici competenti, avranno effettuato le dovute verifiche prima di emettere l’atto, anche se non se ne ha notizia finora. Anche per questo motivo rifugiati e attivisti, ricevuti in prefettura hanno invitato le autorità a visionare i filmati delle videocamere di sicurezza dell’albergo e ad ascoltare le testimonianze di tutte le persone presenti, sicuri della propria verità.
Gli immigrati coinvolti raccontano questo come il culmine di una serie di atti intimidatori contro i rifugiati più attivi nella denuncia dello stato di degrado in cui sono tenuti presso la struttura.
Il video, le denunce pubbliche e le proteste pacifiche sono iniziate già da alcune settimane. Riuniti tutti insieme raccontano con paura ma anche indignazione della minaccia di non ricevere il pocket money giornaliero (2,50 euro) a quanti avrebbero manifestato in corteo a Napoli il 9 luglio; o ancora delle inusuali identificazioni condotte sugli ospiti più attivi nell’opera di denuncia, identificazioni che non sembrano avere motivo dal momento che tutti i richiedenti asilo, sistemati dalle prefetture nei Cara, sono già identificati e schedati.
A che pro, dunque, questi controlli orientati solo su alcune persone? Questo è ciò che i richiedenti asilo si chiedono, temendo sempre più che questo difficile clima possa poi influire negativamente sulla loro domanda d’asilo. Questo è ciò che rifugiati e attivisti si chiedono.
La Situazione
Come si può vedere dal video girato con un cellulare dagli stessi ospiti della struttura, poi “messi alla porta”, la situazione al Cara è al limite: sovraffollamento con 25 – 28 persone in stanze per 10 con un solo bagno, stanze situate sotto il livello stradale con piccole finestre; assistenza sanitaria labile; sporcizia, nonostante il bando prefettizio (che disciplina un pagamento di circa 40 euro al giorno per migrante) addebiti la pulizia al vincitore di bando; pasti poveri e scadenti, nonostante il bando chieda pasti equilibrati; inoltre lo stesso bando richieda il servizio di lavanderia che invece non viene fornito.
Un quadro davvero desolante.
Intanto però a questi 18 (+2) cittadini stranieri è stato comunicato il decreto di revoca dell’accoglienza che, come denunciano gli attivisti dell’Ass. 3 febbraio, proietta questi cittadini in una situazione assurda per la quale essi, da un lato, hanno ancora diritto alla richiesta d’asilo ma dall’altro, risultando privi di un domicilio presso cui recapitare le notifiche della Commissione Territoriale, corrono il rischio di risultare irreperibili e perdere le notifiche degli atti.
Una situazione più che Kafkiana, anzi italiana.
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