Ventotene, novembre 1939 – luglio 1943. Sull’isola dell’arcipelago pontino, si consuma una delle pagine più tristi e misconosciute della storia del fascismo italiano: oppositori politici di ogni tipo e uomini generalmente sgraditi al regime vivono l’esperienza drammatica del confino, galera a cielo aperto, privati della libertà e costretti a provare sulla loro pelle la tragedia di una dittatura grottesca e spietata. La macchina del vento, ultimo romanzo di Wu Ming 1, racconta la storia attraverso gli occhi di Erminio Squarzanti, giovane socialista fresco di studi classici impossibilitato a laurearsi a causa dei sospetti a suo carico in quanto antifascista. L’avvento sull’isola di un giovane fisico, Giacomo Pontecorboli, amico di Ettore Majorana e legato al gruppo di Enrico Fermi, sconvolge le vite monotone dei confinati: Giacomo racconta, in una notte di confidenze, di aver costruito una macchina del tempo, a bordo della quale lo stesso Majorana sarebbe scomparso; in più, da quando è arrivato sull’isola, Ventotene lo ha catturato con il suo tempo sfasato, che incede più velocemente di quanto non accada sul continente e che lui, adesso, vuole studiare. Simbolo del tempo alterato, il campanile dell’isola, perennemente rotto perché impossibile da aggiustare, nonostante i molteplici ma vani tentativi. Sullo sfondo, La macchina del tempo di Wells, romanzo di fantascienza, le cui pagine sono lette e commentate dai confinati sulla scorta della suggestione in loro generata dalle parole di Giacomo.
Secondo il modello narrativo ormai abituale del collettivo Wu Ming, anche il romanzo da solista di Wu Ming 1 intreccia in modo sapiente ed avvincente la precisione della ricostruzione tipica del romanzo storico con la componente fantastica del romanzo di fantascienza, secondo un trend iniziato con L’armata dei sonnambuli e portata pienamente a compimento con l’ultimo romanzo pubblicato, Proletkult. Novità assoluta de La macchina del tempo, tuttavia, è certamente l’inserimento della componente mitologica classica, che, pur creando effetti inizialmente stranianti, raccorda in modo estremamente efficace la narrazione agli eventi storici del tempo: le prese di posizione del dodekatheon nei confronti dei regimi fascisti disseminati in Europa, richiamo non troppo velato al concilium deorum di ascendenza classica, accompagnano in modo costante la diffusione della dittatura in Italia ed in Germania fino al conflitto in Grecia, terra classica per eccellenza, che porta “due eserciti dell’Asse alle pendici dell’Olimpo”. Gli dei greci, pertanto, svolgono una funzione attiva nelle dinamiche storiche, sostenendo i fascismi o le forze antifasciste ed intervenendo nelle vicende umane, proprio come accadeva nell’epica.
La realtà storica, allucinata anche dallo sguardo di Squarzanti, che proietta il mito classico su oggetti, eventi e persone, resta, tuttavia, quella del confino a Ventotene. La macchina del vento guida il lettore attraverso gli anni drammatici del secondo conflitto mondiale, osservati ed analizzati dai confinati a partire dal punto di vista parziale di chi è raggiunto da informazioni scarne e manipolate. Attraverso le parole dei personaggi, cogliamo in pieno le evoluzioni storiche di quegli anni, dal dissidio all’interno del campo comunista alle sconfitte dell’Asse in Africa del Nord fino alla spedizione in URSS, spartiacque dei destini della Seconda Guerra mondiale. Le pagine del romanzo e le strade dell’isola, inoltre, sono costantemente attraversate da numerosi protagonisti della storia di quegli anni: alcuni, come Di Vittorio, Terracini e Longo, semplici ombre sullo sfondo; altri, come Pertini, leader incontrastati dei confinati e già motori embrionali della storia italiana degli anni a venire. A Ventotene, inoltre, prende forma per la prima volta il progetto di un’Europa unita, attraverso il Manifesto promosso da altri protagonisti, quali Spinelli, Rossi e Colorni, con cui molti confinati, tra cui lo stesso Squarzanti, entrano in conflitto in virtù delle linee politiche e programmatiche proposte dai giellisti. Sulla scena dell’isola pontina, inoltre, si muove una pletora di personaggi dalle molteplici qualità e dal potenziale talora teatrale: i fratelli Chiaramantesi, temutissime camicie nere, il napoletano Meo, caricaturale direttore della colonia, ed il suo successore, Guida, il bibliotecario Maovaz, l’uomo dell’ottimistica profezia sulla caduta del regime, fino a Caramella, confinato aristocratico e dandy, o forse un Dio. Su tutti, l’ombra di Pasta-e-fagioli, nomignolo coniato dai confinati per riferirsi a Mussolini, l’uomo del destino che ‘coda tra le gambe e orecchie basse, chiese l’aiuto della Germania’.
Alle vicende storiche collettive, infine, si accompagna costantemente la storia personale del protagonista, Erminio, che torna continuamente con la memoria al liceo e al prof. di Greco, Viviani, personaggio dalla consistenza storica autentica, morto partigiano. Il debito dello studente nei confronti del docente attraversa l’intera narrazione e si concretizza non soltanto nella passione nei confronti del mondo classico, ma anche nella maturazione di un profondo antifascismo, che porterà Squarzanti all’arresto durante gli anni dell’università.
La macchina del vento racconta in modo efficace il dolore e le privazioni subite dai confinati, ulteriormente aggravate dallo scoppio della guerra e dai sacrifici imposti alla popolazione. In taluni casi, la condivisione di una condizione comune diventa strategia di sopravvivenza per le donne e gli uomini costretti sull’isola, mentre, in altre circostanze, le loro sofferenze e ed i loro timori personali sopravanzano qualunque altra istanza. Quando, tuttavia, nel luglio del ’43, arriva a Ventotene l’annuncio della caduta del regime e del passaggio del potere nelle mani di Badoglio, una serie di fili, individuali e collettivi, sembrano convergere tutti nella stessa direzione: si palesa, finalmente, l’orizzonte della libertà per i protagonisti. Tuttavia, la strada da percorrere sarà ancora lunga; si profila, ormai, la guerra di Resistenza, da organizzare e da vincere: finalmente, il καιρÏŒς.